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qui c’è il 2007

27 dicembre 2007
Ci si rilegge il 6 gennaio

Ragazzi, domani si parte per Cuba.
E non iniziate subito a pensare male visto che mi porto dietro tutta la squadra, compresa la gnoma di 2 anni.
La figata è che sono riuscito a contattare un gruppo di arlisti locali che, nonostante dal 1961 non arrivino più pezzi di ricambio per harley sull’isola, continuano imperterriti a curare le loro vecchie signore (e non si sa come), e ad andarici pure in giro, come questa allegra famigliola che ha montato il cerchione di un motocarro al posto della ruota anteriore…
Pazzesco: un’isola dove il tempo si è fermato al Panhead: un sogno e un incubo al tempo stesso. Immaginatevi di essere bloccati sulla Carretera Central con un vecchio Pan che ha deciso di non partire.
Te saluta la HOG Assistance…
Al mio ritorno dovrò risolvere alcuni problemi di vibrazioni e rumorini del cazzo la cui origine è ancora ignota, per mettere la moto in condizioni perfette per il viaggio di aprile.
I miei caschi sono da Ivano per una ritoccatina, e i gilè con la nuova scritta sono quasi pronti.
Non resta che salutarci, dunque.
Arrivederci al 2008.

Roberto 3%er

24 dicembre 2007
Babbo Natale, vaffanculo
cule.jpg: A Natale c’è sempre qualcosa che mi fa incazzare.
Quando uno cerca di fare gli auguri per esempio, quasi sempre dice delle cazzate, ed il livello aumenta con i tentativi di orginalità, mentre ovviamente, più gli auguri sono scontati, più ci si avvicina al luogo comune.
Insomma, qualsiasi cosa dici, in genere è una cazzata.
Il minimo della vita è poi lo spamming selvaggio di SMS (addirittura anonimi) e gli augurissimi animati con alberelli e renne del cazzo.
Una cosa da lasciarti secco.
Già natale in se, come ricorrenza, mi fa incazzare.
E prima di tutto, mi incazzo con me stesso visto che sono io il primo ad esserci immerso fino al collo e a non riuscire a liberarmi della folle corsa al regalo.
I bambini poi, ormai fanno le ordinazioni come al ristorante e se non hanno niente di particolare in mente, si sforzano per inventarsi una necessità o un gioco, con cui si trastulleranno per qualche giorno.
Ma tu non puoi farne a meno.
Ci sei dentro fino al collo e non riesci ad uscirne.
A parte per i miei amici Threepercenters (che si beccano regali motociclistici “utili”), io a titolo di protesta ho regalato a tutti dei gran libri.
I più incazzati sono stati i miei figli. Manco a dirlo.
Vabbè, adesso vi saluto.
Spero di avervi fatto incazzare un po’.
Magari perchè anche voi vi siete stressati in giro per la città, in coda a comprare regali per persone di cui non vi frega un cazzo ma che dovete fare lo stesso. E magari perchè, come me, non avete la forza di opporvi e magari avete pure litigato con fidanzate, mogli, segretarie, per tutta questa manfrina dei biglietti d’auguri e regalini del cazzo.
Beh, auguri allora, e se dentro di voi sentite che è il momento di incazzarvi, fatelo.
Gesù Bambino, probabilmente, sarà il primo a capirvi….

21 dicembre 2007
A me piacciono le vecchie
Del nostro amico Cesare
A me piacciono le moto vecchie.
Non parlo di moto d’epoca, ovviamente, ma di quei bellissimi mezzi assolutamente contemporanei, o quasi, che hanno almeno una decina d’anni sul groppone e palate di chilometri. Acquistare una moto e restarle fedele per tanto tempo non è una rinuncia ma una scelta precisa: invecchiare insieme e condividere con essa i ricordi dei grandi viaggi, gli eventi importanti della vita, i momenti di crisi e il ritrovato amore.

Talvolta mi incanto a guardare la mia vecchia Honda, tenuta come una figlia, lavata e lucidata, e mi sembra sempre nuova come quando l’ho vista la prima volta nella vetrina di piazza Firenze. Poi la guardo meglio e mi accorgo che questi tredici anni sono passati anche su di lei. La vernice rossa sulle poche parti in plastica si è opacizzata, sul serbatoio c’è un piccolo bozzo che nessuno vede tranne me. La retroilluminazione degli strumenti è molto più fioca. Il disco anteriore è solcato da profonde striature e la sella andrebbe rivestita. La gomma sulle pedane si è consumata dopo anni patiti sotto gli stivali e le cromature sono meno brillanti. I collettori di scarico irrimediabilmente bruniti e i segni delle sassate autostradali sulla coppa dell’olio mi ricordano uno per uno tutti i centomila chilometri macinati insieme.

Anche la meccanica ha lavorato duro. Il motore èun po’ più rumoroso, forse è ora di mettere mano alla distribuzione, ma i motori vecchi sono come le scarpe vecchie: per fare tanta strada vanno meglio delle nuove. Affidabile, robusto, perfettamente formato , rotondo e dolce nell’erogazione, è il classico compagno fedele di lunghe cavalcate. Un vecchio amico di cui si conosce ogni rumorino o vibrazione che sia. Quando viaggio è lui che mi dice se posso osare un po’ di più oppure no, è strano a dirsi ma il motore parla. Le sospensioni sono flaccide, ne hanno passate davvero troppe, tra mulattiere greche, stradine dell’interno siculo, passi dolomitici e, soprattutto, il famigerato pavè meneghino. Ma io le tengo ancora e vado un po’ più adagio, tutto qui.

La patina del tempo avvolge la mia moto. Continuo a guardarla e mi accorgo che non è vero, non è sempre come allora, è cambiata. Ora è molto più bella.

21 dicembre 2007
A me piacciono le vecchie
Del nostro amico Cesare
A me piacciono le moto vecchie.
Non parlo di moto d’epoca, ovviamente, ma di quei bellissimi mezzi assolutamente contemporanei, o quasi, che hanno almeno una decina d’anni sul groppone e palate di chilometri. Acquistare una moto e restarle fedele per tanto tempo non è una rinuncia ma una scelta precisa: invecchiare insieme e condividere con essa i ricordi dei grandi viaggi, gli eventi importanti della vita, i momenti di crisi e il ritrovato amore.

Talvolta mi incanto a guardare la mia vecchia Honda, tenuta come una figlia, lavata e lucidata, e mi sembra sempre nuova come quando l’ho vista la prima volta nella vetrina di piazza Firenze. Poi la guardo meglio e mi accorgo che questi tredici anni sono passati anche su di lei. La vernice rossa sulle poche parti in plastica si è opacizzata, sul serbatoio c’è un piccolo bozzo che nessuno vede tranne me. La retroilluminazione degli strumenti è molto più fioca. Il disco anteriore è solcato da profonde striature e la sella andrebbe rivestita. La gomma sulle pedane si è consumata dopo anni patiti sotto gli stivali e le cromature sono meno brillanti. I collettori di scarico irrimediabilmente bruniti e i segni delle sassate autostradali sulla coppa dell’olio mi ricordano uno per uno tutti i centomila chilometri macinati insieme.

Anche la meccanica ha lavorato duro. Il motore èun po’ più rumoroso, forse è ora di mettere mano alla distribuzione, ma i motori vecchi sono come le scarpe vecchie: per fare tanta strada vanno meglio delle nuove. Affidabile, robusto, perfettamente formato , rotondo e dolce nell’erogazione, è il classico compagno fedele di lunghe cavalcate. Un vecchio amico di cui si conosce ogni rumorino o vibrazione che sia. Quando viaggio è lui che mi dice se posso osare un po’ di più oppure no, è strano a dirsi ma il motore parla. Le sospensioni sono flaccide, ne hanno passate davvero troppe, tra mulattiere greche, stradine dell’interno siculo, passi dolomitici e, soprattutto, il famigerato pavè meneghino. Ma io le tengo ancora e vado un po’ più adagio, tutto qui.

La patina del tempo avvolge la mia moto. Continuo a guardarla e mi accorgo che non è vero, non è sempre come allora, è cambiata. Ora è molto più bella.

18 dicembre 2007
Querelle BMW-HD
Dopo aver letto il caustico profilo del mega-casco del BMWista, ci risponde Pietro, il nostro amico motociclista-magistrato che ha condiviso con noi il giro in Albania e Bosnia nel 2005.
Il fatto che ci abbia sopportato (e ospitato) per diversi giorni, lo pone in uno stato di grazia e di stima imperitura.
Vai Pietro, spara a zero!!!

Ok amico mio, lo hai voluto tu!
Mi confronto malvolentieri perche’ non sono un attaccabrighe, ma la provocazione dello sprezzante articolo sul casco apribile e il tuo esplicito invito mi obbligano a rispondere francamente.

La polemica e’ ovviamente sterile anche in questo caso, ma spesso le generalizzazioni hanno un fondo di verita’, si riferiscano alle BMW o alle HD. Peraltro non mi considero un BMWista, qualsiasi cosa cio’ voglia dire. Uso BMW perche’ sono comode, affidabili e adatte al tipo di uso che ne faccio io, potrei benissimo passare al KTM qualora adottassero il cardano. Naturalmente sono affezionato alla mia moto (e alla mia Vespa), ma questa e’ un’altra cosa.

Detto questo, e venendo al punto, a parte il fastidiosissimo rumore, cio’ che veramente non sopporto negli Harlisti e’ la contraddizione patente tra la loro pretesa filosofia ed il loro comportamento.

Ispirati al piu’ sano individualismo e anticonformismo, finiscono per essere piu’ intruppati e regolati di qualsiasi altra categoria che conosca: stessa divisa, stesse moto, stesse trite idée e luoghi comuni, giri dell’Appennino in schiere deprimenti, dove tutti si autoincensano come cavalieri della liberta’, ma agiscono come teenager che hanno bisogno del gruppo per sentirsi esistenti.

Incapaci di agire da veri libertari – indipendenti, autonomi e indifferenti alle opinioni altrui, gli Harlisti chiedono riconoscimento pubblico della loro pretesa diversita’, tanto sbandierata quanto inconsistente, e si incontrano tra loro per dirsi l’un l’altro quanto sono fighi.

Il club, la divisa, i raduni, i luoghi comuni, la simiglianza delle moto (tanto maggiore quanto piu’ i dettagli le differenziano, poiche’ tutte si ispirano allo stesso kitsch imperante) e dei background (in genere necessita’ di evadere da situazioni variamente insoddisfacenti), tutto cio’ contraddice vigorosamente la stessa filosofia di fondo dell’Harlista, di liberta’, distacco e anticonformismo.

Niente di personale naturalmente, ragazzi, e buone vacanze!

Pietro

14 dicembre 2007
Quest’anno niente regali
Del Depia, 3%er

Quando entri nella vita di qualcuno come è accaduto a noi, è come se la tua famiglia naturale di fatto si allargasse.
Durante queste giornate di acquisti e corse frenetiche mi sono ritrovato a sentire Roberto come sento i miei fratelli, per decidere il regalo da fare ai nipoti.
“Ehi, ciao Parodi, senti cosa regalo ai bambini quest’anno”.
“Boh, non so Depia, lascia stare i due grandi che sono degli sfondati questa volta pensa solo alla gnoma”.
“Ma no perché, ma come perché.. Va beh quest’anno non discuto davanti al capo famiglia”.
Questo sarà il quinto natale che trascorreremo insieme e come da tradizione giovedì prossimo ci sarà il pre-cenone dal Parodi.

Come da tradizione Roberto si sarà dedicato a ricercare un regalo particolare legato al mondo delle moto, l’anno scorso libro foto su Bikers Americani introvabile.

Come da tradizione il Giugovaz porterà un regalino per entrambi (forse)… un regalino non scelto da lui, ma bensì qualcosa acquistato da Diana dietro commissione perché in questi giorni lui è incasinattisssssimo ma fa brutto arrivare a mani vuote.

Come da tradizione, dopo tre bottiglie di vino e qualche bicchiere di vodka russa al peperoncino, il Giugovaz si pentirà del gesto e quindi inizierà a dirci che “adesso nei prossimi giorni ci vediamo che devo darvi un grande bottiglia di vino che ho trovato in cantina, perché poi così la sera di natale tornando a casa date una carezza ai vostri bambini e ditegli che questa è la carezza del Giugovaz… Vi voglio bene”.
Un chiaro segno di pentimento, però la bottiglia di vino poi non la porta mai.

Come da tradizione io regalerò un qualcosa al Giugo, un cazzo al Parodi e mi dedicherò ai suoi nani che saranno molto contenti del regalo per almeno venti minuti.

Come da tradizione questa sarà la serata in cui si apre la nuova stagione (come alla Scala) e si inizierà a pianificare il prossimo viaggio.

Come da tradizione il Parodi inizierà a parlare di viaggi solo dopo averci fatto bere almeno due bottiglie di vino e come un agente della CIA intercetterà ogni nostra risposta facendola ben presto diventare una prova a carico in caso di ripensamenti futuri.
Come da tradizione, dopo due o tre bottiglie di vino sia io che il Giugovaz saremmo molto più predisposti a parlare di viaggio e quindi gasati dal momento decideremo di andare in Algeria ad aprile per poi pentircene immediatamente il mattino successivo, neanche ci fossimo giocati e persi la casa al casinò.

Come da tradizione ci racconteremo le solite storie, e sarà così generata la versione 3692 della stessa storia e le nostre donne ci guarderanno come solo loro sanno fare. MIIIII CHE PALLE.

Come da tradizione durante la serata per almeno una ventina di volte la nostra perenne rivalità (giochiamo spesso a chi ha il cazzo più lungo) ci porterà a sostenere di aver fatto tutti e tre lo stesso gesto e/o di essere i veri ideatori di qualche idea e/o i proprietari di qualcosa cosa che realtà appartiene a tutti tre.

Come da tradizione quanto al punto sopra, nel caso in cui sia presente anche del pubblico pagante ovvero amici di passaggio e/o un nuovo amico e/o un vecchio amico che non vediamo da tempo questa rivalità potrebbe trasformare serata in un momento imbarazzante.

Come da tradizione alla fine ci saluteremo con grandi abbracci, dolce affetto e qualche bruciore di culo in parte dovuto alla vodka al peperoncino e in parte perché in fondo ci stiamo un po’ sul cazzo.

E’ natale e come da tradizione siamo tutti più buoni anche se quest’anno niente regali, gnomi!!!

Il Depia

13 dicembre 2007
La prova del bue
Puntuale come la rata di conguaglio dell’ICI, il giovedi prima di natale, scatta la tremenda fiera del bue grasso, nel cuneese, e più precisamente a Carrù.
In questa fiera si raggiunge l’acme della veracità campagnola. C’è tutto: le bestie immense e indifferenti, la langa bumosa e semiaddormentata d’inverno, il bollito e il vino rosso.
E il freddo.
Chi c’è già venuto asserisce che tanto freddo così non se l’è mai preso, e posso garantirvi che ha ragione, ragazzi.
La distanza da Milano è ragguardevole e si finisce sempre per cannare abbigliamento, considerandola una mezza gitarella.
Nulla di più sbagliato: bisogna trattare il bue di Carrù come l’elefantentreffen, o per lo meno come il suo fratellino più bastardo.
Anche quest’anno non ho potuto mancare.
Ero solo ma l’uscita offre attrattive zen anche ai lone-bikers, specie se hanno un gruppo di vinificatori (Gianni Coppo e fratelli) e buongustai (Gibi Ferrero) che hanno già prenotato un’osteria tipca per una maratona di bolliti e bagnetti.
Si perchè, dopo aver fatto un salto dal Cipo di Cycledelic a Bra (altra immancabile sosta, parte integrante della gita), dopo la sfilata del bue grasso inizia il bello.
Una total-immersion nel bollito misto alla piemontese, che prevede sette tagli di carne con sette diverse salse.
E se mangiato là, è veramente il massimo.
Testina, lingua, punta di petto, coda, caramella, cotechino e gallina.
Barbera Pomorosso Coppo del 99, e poi qualcuno ha tirato fuori una chitarra e avanti così, fino a sera.
La gita del bue fa ritornare l’uomo alla sua essenzialità più primitiva.
Tanto per iniziare, si fa una bigiata pazzesca dall’ufficio, poi ci si immerge in un’atmosfera maschile e godereccia, dimenticando trigliceridi ed etilometri, cantando e dicendo stronzate per tutto il giorno.
La moto è il catalizzatore di tutto ciò. Per lo meno per me.
Al ritorno la temperatura era leggermente al di sopra dello zero.
Io ero chiuso nel mio caschetto, con la vecchia bolla che mi proteggeva nel buio, ed un wind-stopper per la gola e la bocca.
Mi sentivo dentro una specie di casetta.
La belstaff invernale faceva del suo meglio mentre i Fray tenevano le dita attaccate ai piedi semicongelati.
Sull’asfalto, la luce dell’anabbagliante, il contachilometri illuminato, e la stupenda linea del testone del fanale del Road King.
Sfreccio vicino a camion e macchine da cui escono lucine dagli abitacoli, che immagino tiepidi. Ma in fondo anch’io sono qui tranquillo. Sto guidando la mia vecchia moto che tira oltre i 130 senza battere ciglio. Mi sembra quasi di non avvertire l’aria mentre guardo davanti, nella notte.
Una sosta a un benzinaio, qualche parola – trovata la benzina?- Cazzo, non è facile a causa del blocco dei camionisti bastardi , – ma qui ne ho ancora un po’ – Per lo meno per dare da bere a questa bestiona che mi deve portare a Milano.
Chilometro dopo chilometro, mi avvicino a casa.
E’ freddo davvero adesso, e le calorie dei bolliti e della barbera faticano a contrastare l’inverno lombardo.
Adotto l’atarassia del lungo raggio, riducendo al minimo le reazioni e cercando di anestetizzare il dolore del freddo con il distacco del cervello. A volte funziona.
Quando in lontananza vedo un grande bagliore che immagino tiepido e chiaro.
E’ una città che mi aspetta. La mia.
E tra poco ci sono.
Resistiamo ancora dieci minuti

3 dicembre 2007
HOG Inverno
Ultimamente mi è capitato di parlare dell’ultima edizione dell’HOG Inverno, croce e delizia di Hoggers di primo e secondo pelo.
Questa volta tutti chiacchieravano a ruota libera: dopo le ultime vicissitudini del Milano Chapter, mi pare ci sia più voglia di dire come vanno le cose, senza condirle sempre con quel velo di mito che un tempo copriva un po’ tutto.
Alcuni hanno scelto un giro alternativo per il loro venerdi sera e non hanno problemi a raccontare il perchè.
Altri hanno creato un sito e un logo per contraddistinguersi e far conoscere in giro la propria amicizia.
Mi pare che molti si siano rotti delle vecchie abitudini del Chapter, stabilite da chi ormai non c’è neppure più ma invariabili come le tasse.
Forse quello che sto dicendo pare incomprensibile a chi è appena arrivato: agli enthusiast con lo sportster, la fidanzatina e il gilè nuovo pieno di pezze comprate in concessionaria, oppure con l’Electrona super accessoriata, arrivata subito dopo il Burgman.
A quelli appena arrivati, in verità il Chapter sembra esattamente ciò che deve sembrare: un luogo di incontro tra proprietari di Harley-Davidson (alcuni un po sboroni), un’opportunità per conoscere gente e per fare un po’ di chilometri insieme.
Sono quelli che ci stanno da quelche anno che incominciano a rompersi le palle.
Probabilmente come è capitato a noi e a tanti altri che se ne sono andati in modo meno eclatante dei Threepercenters.
Credo che sia naturale.
Non si può essere amici di centocinquantapersone, ed è normale ritrovarsi in cinque/dieci, non di più, divertendosi così.
Ad alcuni va bene un giretto ogni due mesi, altri non possono fare a meno di uno alla settimana, ma in fondo, poi, si cambia.
Dopo qualche anno, magari proprio quello che ci aveva attirato del Chapter oggi ci risulta insostenibile; le persone più espansive ci stanno sulle palle e magari abbiamo scoperto che i più silenziosi e riservati sono diventati nostri amici.
Oggi l’argomento del giorno è che Director e Signora dovrebbero togliersi dalle palle?
Non è una cosa che ci riguarda, anche perchè siamo tra i pochi che tutti sanno esattamente come la pensano.
Piuttosto, dico questo: sono convinto che le iniziative impostate come il Chapter, non possono avere la forza di resistere per tanto tempo nel cuore e nella passione di ognuno con lo stesso entusiasmo.
Se per due persone quel carrozzone è diventato motivo di vita e di realizzazione personale, per cento altre magari è cambiato e ha perso l’attrattiva che aveva all’inizio.
E magari non necessariamente per le colpe di quei due.
Più semplicemente perchè è naturale che sia così.
E’ naturale per esempio, che ci si stacchi poco a poco, che un gruppo di amici si voglia chiamare “Brothers” (www.others.it) e che non abbia più interesse a condividere tutto e sempre con tutti, e per giunta con modalità decise da altri.
E ci mancherebbe, ragazzi: se dopo sei o sette anni di strada non aveste creato un saldo gruppo di amici, a cosa sarebbero serviti tutti quei chilometri?
E’ normale stufarsi di associazioni dove si entra comprando una moto e si esce vendendola, persi tra duecento soci che bisogna scriversi il nome sul giubbino per farsi riconoscere.

road.mia.notte:
Parlavo dell’HOG Inverno con una persona e mi veniva in mente uno dei primi che ho fatto.
Cazzo, come mi sentivo fico.
Lo raccontavo a tutti: – uè ragazzi, ho fatto un giro con l’Harley, di notte, d’inverno, una ficata. E per di più non sapevo dove andavamo. Se mi perdevo…. brrrr!! -
Raccontavo a tutti ‘sta cosa, e incassavo occhiate di ammirazione o di biasimo.
Ma non mi interessava, avevo fatto l’HOG Inverno ed ero tornato incolume a raccontarlo.
Però ogni volta che lo raccontavo, mi veniva sempre in mente un piccolo episodio.
Il Chapter era fermo per l’ennesima volta ad un bivio, credo proprio tra Aulla e qualche altro accidenti di posto della Lunigiana. Era in piena notte e faceva un freddo incredibile. Il gruppo dei milanesi, manco a dirlo, era composto dal 90% di Electra super accessoriate ma nonostante tutto, per non inumidirsi dalla rugiada della notte, quelle quaranta tonnellate di cromo si erano fermate per mettersi su i parapiedini o i copriguantini o i copri-cazzo, oppure per la sigarettina.
Lampeggianti accesi, fanaloni accesi, radio e cassette.
Ci mancava solo il fettucciato Crime-Scene per essere sul set di CSI-Miami.
Mentre la vestizione era al termine, da lontano sono comparse le luci di due moto.
Ma non venivano dalla nostra stradona, bensì da una piccola stradetta semiasfaltata.
Erano un vecchio heritage e un dyna di un colore indefinibile.
Sopra c’erano due tipi con il casco aperto, giubbotto di pelle e uno pseudo-bagaglio legato alla meglio sul manubrio, bagnati fradici e con i camperos infangati.
– Ciao ragazzi, avete visto qualche distributore in zona? Siamo in riserva da una vita…
Ovviamente non lo sapevamo, ma i due se ne sono fregati.
Ci hanno fatto un cenno col mento, ingranata la prima e via, sono scomparsi sulla stradina verso chissà dove.
Cazzo: quelli erano quelli veri, e non certo noi, con i nostri stramaledetti parabrezza.
Da quel momento ho capito: le cose come il Chapter e l’HOG Inverno hanno sempre due realtà, quella che racconti e quella che è stata veramente, in fondo al tuo cuore.

Il Casco del BMWista
Se c’è una cosa che mi fa incazzare è il casco del BMWista.
Mi riferisco a quel cascone immenso che si apre davanti come il cimiero di Sir Lancillotto del cazzo.
Ragazzi, non potete immaginare quanto mi faccia incazzare quel casco.

  • Costoso fuori ogni logica e tipico di chi “paga e pretende”.
  • Visto praticamente solo sulle capocce di odontoiatri e commercialisti che vogliono avere l’aspetto da motociclista, ma solo nelle feste comandate
  • Esageratamente grande, fa immediatamente una faccina di cazzo piccolissima a chi lo indossa.
  • Già settato per contenere ogni cagata elettronica tipo bluetooth, interfoni , musichette, telefonini vari che rabbrividisco al solo pensiero
  • La celata da cavaliere medievale, quando è aperta sembri un palazzo di due piani
  • Indicativo di una riprovevole volontà di comodità e non di spirito
  • Malgrado tutte le innumerevoli qualità di tenuta, termiche , urto, dinamiche etc, è sempre e solo usato in città per raggiungere lo studio Notarile o dei Dentisti-Associati in via Fatebenefratelli,
  • Concettualmente avanzato e moderno, è opposto all’idea viscerale della moto, che invece è tradizione e leggenda
  • Progettato di fatto, per trattare la moto come un volgare surrogato dell’automobile
  • Totalmente opposto all’harley come stile e alla sua idea stessa
  • Decisamente brutto.

Ma non basta, perchè d’estate il BMWista urbano dismette il faccione-di-casco e passa al caschetto BMW, quello con le reticelle in testa, per far star fresca la capocciona santa.
Di male in peggio:

  • Le reticelle sembrano gli occhi di un enorme MOSCONE che ti sta per mangiare la testa
  • Il casco si espande orizzontalmente (a differenza di quello da Lancillotto che si espande verticalmente) e conferisce subito al Commercialista l’aspetto da fungo porcino
  • E’ dotato anche di una ridicola visierina, tipo berrettino di Capitan-Miki, probabilmente inserita “per dare un aspetto giovane” o perchè “piace ai giovani”.
  • Con inserti in pelle morbidissima per accarezzare la pelle del nostro Odontoiatra, sulle cui guance c’è già una buona dose di Denim: il profumo per l’Uomo Che Non Deve Chiedere Mai

26 novembre 2007
Magnum
Un po’ di scatti dall’inesauribile database dell’agenzia Magnum. Quella per la quale lavoravano Robert Capa e Danny Lyon
Emozioni allo stato puro.

22 novembre 2007
Cazzo, piove
Pietro mi sveglia alle sette – Papà, mi accompagni tu stamattina, che piove? -
Ok, Ok. Un tè e siamo per strada, fino a scuola. Poi torno a casa, già nel casino delle otto in centro a Milano. E piove ancora più forte.
Mi vesto da ufficio come potrete immaginare e sbircio dalla finestra mentre mi stringo la cravatta. Cazzo, piove forte.
Decido. Vado in moto lo stesso. E fanculo tutti.
Tiro fuori i pantavento, mi metto un paio di anfibi che invece fanno entrare la pioggia come un paio di sayonara.
La mia Belstaff basta e avanza, il mio fazzolettino verde e il solito casco jet. Mi infilo i ray-ban: sento che a qualcosa servono.
E via. La moto è bagnata, la strada è un pasticcio di acqua, clacson, carrozzerie bagnatehttp://www.threepercenters.it/wp/wp-admin/post.php?action=edit&post=1428&message=1 e frecce. Il cielo è scuro, tutti sono incazzati e le gomme tengono poco.
Ma a parte la faccia, sono piuttosto asciutto, e piuttosto contento.
In fondo cosa c’è di più bello che uscire con la vostra moto in una mattina di pioggia? State andando in ufficio? State andando a scuola? in fabbrica? State andando a fare qualcosa che vi fa girare le palle? Questo è sicuro.
E anche per me lo è.
Ma in quel momento mi pare di essere in viaggio, in mezzo a qualche landa tedesca, o a metà di un’autostrada diretta chissà dove. Piove e la mia moto è l’unico mezzo a mia disposizione. La piloto docilmente per evitare pozzanghere e scivolate. Lei obbedisce. Qualche goccia entra, ma me ne frego. Vado molto meglio degli altri, e mi sto quasi divertendo.
Fermo al rosso, guardo in giro: scooteroni iperprotetti, macchine con la radio accesa. Facce neutre, un po’ stanche, già al mattino.
Ma a me non interessa: sto guidando una stramaledetta harley-davidson in mezzo alla pioggia.
Ragazzo, lasciami lavorare.

19 novembre 2007
Milano-Dakar: il film
Vabbè, non esageriamo: a distanza di sei mesi sono riuscito a piazzare sul sito due filmati della nostra gitarella a Dakar.
Questo qui sotto è l’attraversamento del campo minato che segna il confine tra il Western Sahara e la Mauritania.
PS Nel video dico una cazzata: non è la dogana marocchina, ma quella mauritana

Quest’altro breve spezzone vi dà l’idea del paesaggio a sud del Tropico del Cancro: 600 km al giorno. Tutti i giorni. Così, con il sole a picco (andando verso sud)
Ragazzi, ci tornerei domani

Qui sotto ragazzi, un momento di pausa tra le dune del western Sahara. Dopo aver percorso circa 300 km di spiaggia. In fondo sulla destra si vede il mare…

E concludo con questo brevissimo pezzo filmato sulla pista di Diama, esattamente tra la Mauritania e il Senegal, sul fiume omonimo.

100 km di sterrato dopo il quale la mia fedele FLHR stava per rendere l’anima. Poi fortunatamente era solo la batteria morta.

Ci vuole altro…

12 novembre 2007

Il lone biker

Che sabato, ragazzi.

La Franciacorta risplende al sole, arancione e verde, con un cielo da primavera e io qui sulla macchina, con bambinielli, tate e ceste di pigiamini da portare al mercatino di Giovanna.

Perbacco, ma siamo su un sito di motociclisti, non di stramaledetti babysitter, ma tant’è.

A questo pensavo sulla Milano Venezia, incrociando frotte di arlisti che scendevano come barbari verso Milano, dove si sarebbero goduti gli ultimi due giorni di EICMA.

Ma una moto mi sorpassa all’improvviso. Riconosco un casco Jet nero opaco, un paio di occhiali neri, una giacca da moto scura e sporca, pantaloni di pelle. Dal di dietro vedo due grossi scarichi in mezzo ai quali una larga ruota sostiene un piccolo sellino dove è aggrappata una fidanzata nella fase “sono molto innamorata di te, e spero che apprezzerai….”

Non stavano dirigendosi dove andavamo noi (Relais & Chateau con SPA e trattamenti di bellezza per le femmine di casa), ma dal sacco a pelo militare, legato sul sissy-bar, capisco che a quella ragazza toccava il servizio completo.

Nonostate sapessi perfettamente che l’ignaro motard, prima o poi l’avrebbe pagata, in quel momento non potevo che invidiarli.

E come andavano, poi.

Cerco di passarli; volevo rivederli, vedere quale harley aveva l’onore di essere il loro mezzo di fuga, quali cilindri pompavano potenza e adrenalina in quell’aria freschissima di novembre, volevo leggere in faccia a lui la determinazione, e in faccia a lei la devozione mistica.

Insomma volevo soffrire.

Accelero e dopo un bel po’, ci sono quasi, ma poi mi sfuggono, li riacchiappo, ma scappano ancora.

Cazzo ma come va questa….. Honda…….

8 novembre 2007

Per un centimetro

Sono le sei e mezza di sera e sono in una riunione con altre dieci persone.

Grafici, presentazioni, facce da inglesi e da francesi. Fuori è buio.

La porta della sala conferenze si apre e compare il viso di un mio amico, che mi fa segno di uscire.

diamanteTFFTbassa.JPG:

E’ Giovanni, un motociclista-banker come me che si occupa di Securitization e obbligazioni strutturate Sorry, sorry, I’ll be back in a while, ed esco.

La faccia di Giovanni non presagisce niente di buono.

- Roberto senti, stai tranquillo, c’è stato un incidente proprio qui sotto la banca… Una macchina ha avuto un problema ai freni ed è finita a tutta birra sul marciapiede, dove c’erano parcheggiate tutte le moto. Mi sembra che ci fosse anche la tua…-

Non aveva ancora finito di parlare che io ero già a metà delle scale. Correvo e pensavo, cazzo sono un pirla, ho il parcheggio nel garage della banca e per non fare quelle due dannate rampe di scale, finisco sempre per lasciare la RK parcheggiata fuori.

Ok: in realtà così la posso vedere dalla vetrata del mio ufficio – e devo dire che di solito bastano quei dieci secondi ogni due o tre ore per farmi sentire un po’ meglio.

Ma ora? Me l’immaginavo accartocciata in un groviglio di moto, con una stramaledetta macchina parcheggiata sopra.

Mentre mi avvicino nel buio, vedo lampeggiatori dei vigili e sento puzza di benzina sulla strada. Non ci sono ambulanze, per fortuna.

Mi faccio largo tra il capannello dei curiosi con il cuore in gola. La vespa di una mia collega ha fatto un volo di due metri ed è mezza distrutta. Una piccola utilitaria ha perso il controllo colpendo cartelli, reti di protezioni e segnali, e in fine spingendo una Volvo Station Wagon che a sua volta ha schiacciato un paio di motorini.

Ma poi la vedo.

Incredibilmente è integra e intoccata. Sembra uno di quei film di Bruce Lee quando la casa crolla in testa al protagonista che ne esce senza un graffio.

La cosa più incredibile è che una grossa moto Jap, che era parcheggiata di fianco alla mia, ha ricevuto la botta ed è tutta piegata almeno di trentagradi , sopra la mia moto. La regge solo il cavalletto mentre il paraurti della Volvo la tiene piegata e sollevata.

Un centimetro in più e sarebbe franata sul ferraccio americano della mia Road King.

Faccio pure fatica a spostare la mia, da tanto le due moto erano vicine.

Ma sono a bordo. La moto parte subito e attraverso fanali rotti e benzina sull’asfalto.

Sono senza casco, in camicia bianca e bretelle e devo cercare un parcheggio più sicuro.

Un vigile che ha visto la scena mi vede passare e sta per dirmi qualcosa.

Ma poi cambia idea e sorride.

Era un vigile in moto.


6 novembre 2007

Con il Garella, la foto è più bella

Beccatevi questo bianco e nero della nostra ultima uscita appennino-padana: rigorosamente su pellicola.

Del resto c’è una Old School anche per le foto…

Grazie Luca.

30 ottobre 2007

Alboreto is nothing

Milano, via della Spiga – Cortina Hotel Cristallo in 2 ore 54 minuti e 20 secondi: Alboreto is nothing.

Come faremo senza il Dogui?

Taaac, e scatta la libidine….


29 ottobre 2007

Back on the road

Già dalla partenza, si capiva

Sabato mattina al SanZenone contiamo già le perdite prima di partire: Coffets3%er alza bandiera bianca dopo aver fuso due palloncini della stradale ed aver immolato il proprio Permis de Conduir per sei mesi, in cambio di uno shot in più di tequila.

Rudi è in para e gli manca l’umore giusto per trepercenterizzare il fine settimana. L’unico generoso è il Garella che, super attrezzato con giubbotto in titanio e scudi termici incorporati, attende intrepido.

Partirono in quattro ed erano abbastanza, quattro harley, una chitarra e molta fantasia.

I Threepercenters + 1, affrontano la bassa e e già prima di Piacenza avevano cambiato il programma: Cisa invece del Cerreto.

Pioviggina e scarnebbia: unico raggio di sole, due gnocche ci salutano in autogrill e lasciano una scia di cattivi pensieri.

La Cisa, offesa per essere stata degradata a seconda scelta, si vendica e dopo il cippo Ferrari le nubi malevole, fredde e oscure, si impossessano dei quattro indomiti motociclisti.

Sul lato della strada una tenda con due ciclisti che campeggiano nei prati. Ci fanno, ma dove cazzo andate??

E scatta il secondo cambio di programma. Il Depia ci suona e gesticola. Cazzo ragazzi qui fa cagare lo capite o no? Andiamo … sul Delta del Po!.

Ci guardiamo negli occhi e ok. Via verso il Mississippi de noantri. Cisa al contrario, ciclisti che ci vedono di nuovo e noi che li sfanculiamo; Parma, Gustalla, Gualtieri.

A Gualtieri poi, incontrammo un vecchio.

La faccia giusta e un fazzoletto al collo.

Ci disse ragazzi state in campana e andate a mangiare Al Faro, sul sabbione del Po.

E noi ci andiamo. Ma ci preparano i tortelli di zucca col sugo di pomodoro, e le anguille erano fresche due settimane fa. O forse prima.

Fanculo ragazzi, giù un po’ di sangiovese, che sgrassa…

Ancora in moto, verso un ponte di barche sull’Oglio.

Poi tutti a Sabbioneta. C’è il sole l’umore è alto ed è l’ideale per un nuovo cambio di programma. Sabbioneta a sinistra? E noi via a destra, a spaccare in disco a Rimini, magari con le due gnocche dell’Autogrill (che lì sicuramente erano dirette): e andrebbe bene anche il Pineta a Milano Marittima. Ma quasi a Ferrara scatta un conciliabolo.

Uè ragazzi, ma qui il tempo è troppo bello per sputtanarci su queste statali del cazzo, no? Certo, e allora che ore sono? Le cinque passate.

Parlamentammo a lungo e poi ci fu un discorso, il capitano disse va bene e cosi’ sia

E la fanfara poi intono’ le prime note, e ci trovammo proprio in faccia alla Statale 63!

Vabbè: TORNIAMO SUL CERRETO, cazzo.

Riprendiamo la SS 63 e scivoliamo attraverso l’emilia: Suzzara, Reggio, e via sul Cerreto.

A Reggio poi incontrammo un benzinaro. Lo sgardo profondo e tutto quanto il resto.

Ci disse ragazzi io disapprovo il passo. Manca l’analisi e poi non c’ho l’elmetto.

Garella lascia un obolo di 5 euro ad ogni distributore, Mario si scuffietta e ricuffietta col suo casco metallizzato, il Parodi sogna e il Depia òstia.

Si perchè son tornate ancora le nuvole e il Cerreto è MOLTO lungo da raggiungere.

Dopo l’ennesimo 5 Euro a un Texaco del Garella (che non trova la super benza a 1000 ottani per la sua Fat Boy e si deve accontentare della normale che compete a noi peones). A Casina, perdiamo il Depia. Ci fermiamo e lo aspettiamo. Quando ci raggiunge è inseguito dai lupi e dai cinghiali.

Forse è tempo di fermarsi. Alberghetto a Castelnuovo dei Monti, con camino e gruppone di lesbiche che si preparano ad un’escursione sull pietra Bismantova.

Le camere sono fredde, ragazzi, è un problema? Nooooo

Sera a suon di cuba libre e tequile al disco bar del paese che non ha niente da invidiare alle Colonne di San Lorenzo.

La gente ci amava e questo e’ l’importante,

regalammo cioccolata e sigarette vere, Bevemmo poi del vino rosso dalle mani unite che – male che vada – sgrassa

Per un pelo non ci facciamo anche una capatina al Kiss verso Sassuolo ma preferiamo tornare in stanza e zompare sul Garella che dorme beato.

Dopo tre minuti è mattina e siamo in piedi. Abbiamo tenuto all’oscuro Mario dell’ora legale e così siamo pronti all’ora giusta.

Cerreto, Aulla, Pontremoli, Passo del Brattello, passo Santa Donna, Garella lima le pedane, Depia piega come Valentino (lo stilista), Mario si perde nelle reti del sogno e tira un paio di dritti in curva che recupera come un supermotard.

E a Bardi poi, ci fu l’apoteosi.

Il sindaco, la banda con le bandiere in mano.

. Stoppiamo: tagliatella, riso ai tartufi che risale in cordata sull’esofago per tutto il pomeriggio.

Ma vai di Sangiovese, che sgrassa.

E poi iniziamo a veder doppio: compare un’altro Garella che ci saluta e si presenta.

Cazzo, sarà colpa del Sangiovese? Ma invece è il vero fratello gemello di Luca che piomba casualmente in quelle lande, giusto per farci una foto dalla rocca di Bardi.

E via verso la bassa, ma ce n’è un bel po’ di strada.

Evitiamo un cane da caccia al cinghiale, che vuol farla finita. Il Depia gli offre un panigaccio – testarolo che ha comprato in lunigiana. Il cane capisce che la vita vale la pena d’essere vissuta. Lo ricoveriamo in una casa cantoniera (il cane, non il Depia) e proseguiamo.

Il tempo migliora e l’indian summer dei passi piacentini ci fa pensare ancora una volta che tra bomba o non bomba, non dovrebbero mai esserci dubbi.

Threps




26 ottobre 2007

Ragazzi, ha smesso di piovere

Domani, ci proviamo.

E vaffanculo al colonnello Bernacca…


23 ottobre 2007

Guestbook is revamping.

Dopo mesi di calma piatta, due amici ci parlano di loro sul nostro guestbook.

Benvenuti ragazzi


21 ottobre 2007

Still alive

In effetti ultimamente stiamo trascurando un po’ il sito ma forse questo è un bene: vuol dire che ci sono tante altre cose da fare invece di stare a smanettare davanti a pixel e tastiere.

Sono molte le cose che stiamo seguendo ultimamente:

stiamo organizzando un fine settimana motociclistico di due, tre giorni sull’appennino tosco emiliano e dobbiamo decidere se partire dal passo del Cerreto (da Reggio) o dalla Cisa (suggerimenti e dritte su locande sono more than welcome).

Poi tramite il sito, abbiamo conosciuto un paio di ragazze veramente dritte, che vogliono partire e raggiungere il Burkina Faso in macchina e le abbiamo incontrate per scambiare consigli e impressioni sulla Mauritania e il Sahara occidentale. Credetemi, due ragazze che se guidassero le moto saremmo onorati di avere al nostro fianco (grande Simona!)

Poi stiamo facendo produrre un po’ di nuovi loghi, gilè, magliette, adesivi e placchette, visto che in fondo tutti i club che si rispettino hanno le loro robe griffate.

Personalmente sto scrivendo come un pazzo, tra ufficio e casa e l’idea di scrivere ancora per il sito non è che mi entusiasmi ma tant’è.

Il gruppo del prossimo giro sarà composto da sei persone: sei amici prima di tutto.

Certamente un passo avanti per noi misantropi Threepercenters: chissà che ciò non abbia interessanti quanto inaspettati sviluppi?

In fine, quando abbiamo un momento libero, seguiamo con interesse le evoluzioni/rivoluzioni del Direttivone del Milano Ciapter il quale, decimato dalle dimissioni quasi globali, cerca di ricrearsi dalle ceneri come l’araba fenice. O forse è meglio dire come il Gattopardo visto che, a quanto sembra, tutto cambia perchè tutto resti così come era prima.

Che dire?

Dai Threepercenters, che un pizzico di preveggenza l’avevano avuta (e scritta) diversi anni fa, un sentito in bocca al lupo ai nuovi, ma soprattutto ai vecchi PerManenti officers: una lezione di attaccamento alla poltrona che farebbe impallidire il Ministro Mastella.


8 ottobre 2007

Il dado di scorta

Decido che devo aggiungere un contro-dado per assicurare i collettori alle testate.

Dopo che te li sei trascinati dietro per due volte nel giro di sei mesi, e ti sei pure tranciato un prigioniero, insomma, si può ben dire che sei rimasto scottato.

I nuovi dadi originali sono ora ben stretti sulla flangia. Ma cosa può succedere dopo un lungo viaggio?

Passo da Max alla Numero Uno e per qualche euro, compro i dadi. Nel cortile di casa, chiave da mezzo pollice in mano, inizio il montaggio dei contro-dadi. I prigionieri non sono lunghissimi e i contro dadi ci stanno appena. Ma mi sento più tranquillo.

Fisso quelli della testata posteriore, poi passo a quella anteriore. Avvito quello più in alto e poi, ecco la magia della sfiga:

mentre con le mani avvicino l’ultimo dado al prigioniero e inizio a girare in senso orario, il dadino maledetto mi scivola. Lo sento cadere, toc batte sulla copertura del regolatore, tic batte da un’altra parte e poi ….

E poi non cade per terra.

Qui dubbi non ce ne possono essere perchè il pavimento è pulito e libero. Cazzo, dov’è? Cerco dappertutto, infilo la mano e la punta del cacciavite ovunque ma niente.

Il maledetto dado non può essersi volatilizzato, è certamente finito in qualche anfratto della moto, e lì è destinato a rimanere.

Forse per sempre


6 ottobre 2007

HOG Eventi???

Pensandoci bene, in effetti noi Threepercenters avremmo anche potuto essere usati per la pubblicità di qualcosa.

Che so: l’officina del Magni in via colletta, un paio di ristoranti sul Penice, l’Albergo Schurger di Thurmansbang proprio dietro alla buca di Solla.

Avremmo anche potuto essere usati per un dare un supporto a Freeway, che abbiamo rischiato di far fallire con le nostre cazzate su Senza Parabrezza.

Proprio volendo esagerare, avremmo potuto essere utilizzati per il Quattrocento, locale milanese davanti al quale la moto del Giugovaz è parcheggiata fissa per almeno un paio di sere la settimana, oppure avremmo senz’altro donato con molto piacere la nostra immagine all’ineffabile produttore di olio d’oliva Alessandrini, che il Depia usa senza parsimonia ogni volta che vuole davvero viziarci con qualche piatto di pesce nella sua casa-club-house.

Beh si, avremmo fatto volentieri pubblicità a tutte queste meritevoli iniziative, ma come sapete la vita riserva sorprese a non finire e quindi eccovi l’ultima.

Non contenti di averci già inserito a tradimento sul calendario 2007, i responsabili della comunicazione della HOG-Europa, che probabilmente non si sono preoccupati di sottoporre la loro scelta ai colleghi italiani, hanno pensato bene di ricorrere ancora alla mia famosa foto con Giovanna (scattata a St Tropez 2005), per indicare niente di meno che la ICONA ALLA SEZIONE EVENTI DELLA HOG sul sito ufficiale Italiano e su tutti quelli europei.

Cioè, se il Valla o il Manenti o il Rivoltella vogliono andarsi a consultare i nuovi eventi della HOG, devono cliccare sulla mia tremenda faccia di cazzo!!!

E beccarsi ogni volta il sorriso beato di uno che avevano espulso dal Chapter HOG avendola definita un’organizzazione commerciale che spremeva i soci come dei limoni.

Per non sbagliarsi si nota sia la patch Threepercenters e sia la scritta sulla maglia.

Insomma, praticamente è come se avessero scelto Muhammad Atta per fare l’uomo immagine della American Air Lines.

No ragazzi, non scherziamo, guardate qui sotto…

5 ottobre 2007

Choppahead choppahead:

I Sinners, dopo la nostra intervista dell’anno scorso, sono rimasti in contatto con noi.

In particolare avevamo fatto amicizia anche con Zack, il regista di Choppertown, che ha scoperto che il filone dei DVD con soggetti custom è soltanto agli albori e ha un vasto pubblico che non aspetta altro che di piazzarsi davanti alla TV con birra, patatine ed altre schifezze pseudoamericane, per godersi un po’ di emozione custom.

Così con un gentile biglietto di saluti, eccoci recapitata a casa la loro ultima opera, Choppahead, un film su questo gruppo di customizzatori di Boston, pura east coast, che hanno una predilezione per le Triumph.

Oltre tre ore di footage e interviste (alcune, confesso, ampiamente superflue), per immergersi in un mondo che in effetti è un po’ diverso da quello dei Sinners.

In particolare oltre venti profili di choppers fatti in casa, kustom-shops da tutto il mondo compreso il Giappone, eventi chopper e custom tra cui il Mooneys giapponese e lo Smokey Mountain Smokeout East & West.

Forse la cosa più interessante di questo DVD è proprio notare le differenze di stile e di approccio tra le due diverse scuole di customizzatori: East Coast e West Coast. Molto interessante la scena dove i meccanici tagliano il telaio di una vecchia harley e lo sostituiscono con una nuova struttura. Due punti di saldatura e si può rimontare la forcella e il resto.

Incredibilmente il lavoro non sarà durato non più di dieci minuti: senza misure, senza riferimenti e completamente fatto ad occhio.

Poi non lamentatevi se la moto va storta….

Si tratta del secondo DVD di Choppahead e per coloro i quali potessero avere dei dubbi sul contenuto, non avendo visto il primo, beh allora ragazzi prendete un documentario sui chopper, una serie di video di skateboard, un paio di filmati di stronzate, ed avrete ciò di cui si tratta.

Per un assaggio, fatevi un giro qui: www.choppahead.com


4 ottobre 2007

Deriva pornografica sul sito threepercenters

1 ottobre 2007

Benvenuto Charro, il solito?


ok allora mi affaccio dentro ,

sto’bar è più bello e messo bene di quelli cui mi infilo di solito io,

ma in tempo di “solitudine” dell’anima magari non se ne accorgerà nessuno e non mi butteranno fuori .

Ok , ogni tanto scambio quattro parole con Robertoparodi, spero che questo basti a farmi un poco di spazio .

Se entri in un posto nuovo hai sempre un poco di soggezione, non sai bene chi incontrerai al banco .

né di cosa cazzo parleranno tutti.

ma c’è sempre una vena di speranza nel cuore di un loner perché se si nasce soli non è detto che “soli” sia una condizione cercata.

Ogni volta entro come un ubriaco in un bar e ogni volta spero di trovare le persone giuste,

quali sono poi è difficile da dire.

Che cosa puoi mai volere da una discussione fatta di bit e pixel segnati su uno schermo luminoso?

INTELLIGENZA, cerchi solo quella , quella cosa che ti permetta di parlare, di ascoltare , di essere ascoltato .

Non nil solito vomitarsi parole addosso , non il solito linguaggio da addetti ai lavori , da finti tamarri di una periferia centrale come l’Arena a Verona,

ma un semplice parlare, discutere scambiarsi opionioni

sulle moto sulle donne sulle birre e su tutto il resto di un mondo che è molto più grande di quanto a volte si riesca a vedere

dal sellino di una moto .


Con Robertoparodi ogni tanto ci riesco , e per contiguità acquisita con gli altri 3%’r

mi danno l’idea di persone “normali” per quanto lo possano essere gente che va su un cancello ideato 100 anni fa e mai più ammodernato ,

però mi danno l’idea anche di gente che ha molto nella vita di interessi e che sa guaradrsi intorno a 360 °

salvo poi filtrare tutto attraverso quel gioco meraviglioso

che è la moto .


Ecco un poco mi ci ritrovo ,

c’è chi va in harley perché fa figo, chi lo fa perché è un duro,

chi perché è parte del suo stile di vita.

Io vado in Harley perché è l’unico modo che conosco

per ascoltare il mio cuore


posso starci anche fermo in box

o girare per colline

ci vado in jens e in fresco di lana,

ci vado e basta

perché è poesia


saluti a tutti

mario/charro


30 settembre 2007

Big Sur, september 1975

Il sole sta calando dopo una lunga giornata di fine settembre.

Sabbia, sole, acqua, vento.

Onde e schiuma, che si confonde con l’ultima birra sotto la veranda del piccolo bar sulla spiaggia.

Occhiali da sole e pelle scottata, barba non fatta.

Il costume umido e la camicia militare aperta che sventola al respiro caldo del vento.

Una lunga giornata, penso mentre sento il sapore del mare mischiato a quello dell’ultimo sorso della mia Corona.

bobber.spiaggia.JPG:

Il vecchio sta preparando le assi di legno da inchiodare tutto attorno al chiosco per la lunga sosta invernale. Sono sempre le stesse, ormai consumate dagli anni e dalla salsedine dell’oceano della California.

Il chiosco è lì dalla notte di tempi e probabilmente tra cento anni ci sarà ancora.

Faccio un cenno al ragazzo dietro al bancone mentre mi alzo senza troppa convinzione dalla sedia di vimini. Sul tavolino di legno la mia birra ha lasciato dei piccoli segni tondi.

Dò una morsicata al limone e con una smorfia esco sulla spiaggia deserta.

Ma c’è un ultimo piacere prima di tornare a casa.

Salgo sulla mia Harley-Davidson che mi aspetta dalla mattina presto all’ombra di una tettoia di canne.

Sento con le gambe nude il fresco del metallo del serbatoio e la consistenza compatta della plastica delle piccole fiancate nere. Una leggera patina di polvere di spiaggia ha ricoperto la sella della motocicletta.

Con un solo movimento raddrizzo il manubrio e porto la moto in posizione centrale, alzando con il tallone il cavalletto che la teneva nell’innaturale posizione inclinata verso sinistra.

I due grossi cilindri si avviano immediatamente grazie alla spinta del motorino d’avviamento, che scatena un tuono controllato che fa volare via un gruppo di cormorani che osservavano pigri le mie manovre.

Il contatto tra me e lei è completo: le mani sulla gomma delle manopole, i polpacci che avvertono il calore e la rotondità del guscio che copre il carburatore dove è verniciato il nome del mio club.

Le piante dei piedi nelle sayonara toccano le grosse pedane del road king e con un colpo di tallone ingrano la prima. Il pneumatico posteriore da centocinquanta sgomma leggermente sulla sabbia calda della stradina mentre la moto trova il suo miracoloso assetto di equilibrio e posso aprire il gas.

Sbocco sulla PCH e giro a destra, verso casa.

La Pacific Coast Highway è semideserta ed in pochi istanti sono a ottanta all’ora, gli occhi dietro le lenti dei Ray Ban iniziano a socchiudersi per difendersi dall’aria ancora piena di salsedine e di profumo di mare.

L’asfalto è liscio e caldo, la gomma aggrappata al suolo e le curve dolci. Grandi spiagge ormai semideserte si estendono all’infinito verso sud ovest.

Accelero spinto dalla disperata voglia di una doccia e di stendermi sulla mia amaca ad aspettare con calma l’ora di cena con un Negroni sbagliato in mano.

L’estate sta finendo e l’aria fresca della corsa mi fa rabbrividire leggermente.

La pesante camicia militare sventola semiaperta.

Penso che in questo istante, in tutto il mondo, migliaia di motociclisti stanno accendendo la loro moto per tornare a casa.

Si infilano il casco in testa, lo allacciano e girano la chiavetta dell’accensione.

Alcuni lasciano il casco slacciato, altri decidono che questa è una di quelle sere in cui decisamente si può fare a meno di metterlo, e io sono fra questi.

Volo i cinque chilometri che mi separano da casa, rivivendo dopo tanti anni l’impagabile sensazione di viaggiare nell’aria libera. Migliaia di motociclisti, come me, in questo momento stanno guidando verso casa, chi concentrato, chi con la testa tra le nuvole, chi già con l’umore nero da fine week-end.

Tutti stanno godendo quest’ultimo prezioso attimo di libertà, sulla loro moto.

Grazie a lei, stanno vivendo ancora una volta quella simbiosi con quel paesaggio indimenticabile, quell’aria e quel colore azzurro e arancio che solo un tramonto di settembre può dare.

I miei occhi sono due fessure nell’ultimo rettilineo prima di svoltare sulla collina.

Scalo e lascio che lentamente la moto si assesti sulla velocità di trascinamento del motore.

I grossi cilindri 1340 cc si sono mossi dall’energia cinetica della moto che piano piano perde velocità.

Sento sulle gambe il caldo bruciante che esce dai dispositivi di scarico e dalle alette di dispersione del motore. Sono quasi arrivato e questo ultimo piccolo incantesimo sta finendo.

Mentre spengo la moto, con il casco sul braccio penso che là fuori, da qualche parte nel mondo, probabilmente c’è ancora qualche fortunato che per arrivare a casa deve farsi ancora un paio di chilometri….



30 settembre 2007

2007 Fuga dal Ciapter

Se per un errore di digitazione si finisce sulla pagina del Direttivo del Milano Chapter si ha la stessa impressione del muro della memoria dei marines in Vietnam: una strage.

Sei-Dimissioni-Sei hanno come effetto di abbandonare le migliaia di soci (già istantaneamente pezzati) nelle mani della ormai perpetua coppia Manenti (lui che guida e lei sul sellino) e del prode Angelino

I passeggeri del bastimento nella bufera guardano con rassegnazione verso la plancia di comando… e incrociano le dita


29 settembre 2007

Prigioniero, senza moto

Dopo due settimane di stop sono di nuovo in sella.

Ritornato da Faaker la vecchia FLHR aveva qualche piccolo lavoretto da fare: la batteria era stata sostituita ma era necessario fare alcune verifiche sull’impianto elettrico ma quel che è peggio bisognava riuscire ad estrarre uno dei prigionieri del collettore che si era tranciato all’interno della testata.

Questo problema era veramente bastardo; per tirar fuori un prigioniero tranciato ci sono alcune possibilità: riempirlo di Svitol, cercare di segnarlo e svitarlo con un cacciavite oppure saldarci sopra un altro bullone e svitare tutto insieme o al limite trapanarlo e poi sostituire la filettatura. Insomma una bella grana

Il Magni in questo periodo (buon per lui) è impegnato come una vergine che si deve sposare e quindi, dopo un po’ di assenza sono ritornato da Nicola di Moto e Moto (Via Gallarate).

Come al solito, il problema era molto più cazzuto di quanto si potesse pensare, infatti l’opzione della trapanatura (già la più drastica) era comunque apparentemente irrealizzabile in quanto il posizionamento bastardo del prigioniero impediva di raggiungerlo con il trapano.

Ma Nicola ha risolto svitando gli attacchi di banco el motore e … sollevandolo di quel tanto che è bastato a trovare lo spazio per la trapanatura. Geniale.

L’alternativa era smontare le teste (a quel punto, entrambe) solo per un banale prigioniero: un disastro evitato per un pelo, grazie Nicola!

Passando all’impianto elettrico, il vecchio regolatore sembra non essere il colpevole visto che eroga una corrente continua di 14 – 14,5 Volts fissa senza la minima variazione nè picco, quindi la batteria si deve essere rotta per problemi suoi (è possibile, per quanto poco probabile, che anche una genuine di sei mesi renda l’anima a dio perchè è nata male)

Nella speranza che quella che mi hanno montato a Faaker possa fare lo stesso servizio della mia prima batteria (oltre cinque anni senza mai un problema), continuerò a girare con il mio regolatore nella borsa degli attrezzi.


Nicola mi ha consegnato la moto sabato mattina. Davanti all’officina c’era un po’ di gente che chiacchierava e guardava le moto; clienti, amici. Nicola mi fa: – La tua moto è incredibile: in questi giorni tutti la guardavano… -

E’ bellissimo sentire che qualcuno ti fa un complimento sulla tua moto, quella che hai trasformato e modificato seguendo il tuo istinto e il tuo gusto. Specie se chi te lo fa è uno che di moto ne vede davvero tante

-Devo dire che a me piace molto: il colore poi è azzeccatissimo – ha concluso Nicola prima di salutarmi.

Ho acceso il motore, che dopo due settimane non aspettava altro che di ripartire, e ho ringraziato Nick.

Era sabato ed avevo già un mezzo accordo con il Garella e Rudi per un giretto il giorno successivo

Mi sentivo dannatamente bene, ragazzi.


16 settembre 2007

Soul-Food Bike

Cosa c’è di più bello della vostra moto?

La vostra intendo, quella che è diventata unica dopo che vi ha fatto spendere soldi, pensieri, riflessioni con gli amici, con il vostro meccanico, con la vostra fidanzata distratta.

La vostra moto, che vi ha fatto smadonnare, che vi ha raggelato il cuore quella volta che si è spenta e pareva dovesse lasciarvi a piedi.

Ma poi in un modo o nell’altro è ripartita e l’avete perdonata subito.

Cosa c’è di più bello, mentre ve la guardate nel garage o nel cortile di casa vostra, oppure appena spenta al mattino davanti all’ufficio, vi fermate ad osservarla per un attimo, un secondo prima di rioccupare la mente con tutto quello che un lunedi mattina porta con se.

Il graffito (che si trova proprio sotto il mio ufficio, in via Olona, a Milano) è opera di Bros, www.brosart.com. Secondo me il migliore dei graffitari in circolazione.


10 settembre 2007

FAAKER SEE 2007

Erano tre o quattro anni che mancavamo dal Faaker See, più o meno da quando era scoppiata la rissa a Velden terminata con l’arrivo della polizia austriaca che, minacciandoci di prenderci a calci fino in Italia se non ci fossimo calmati, aveva inconsapevolmente fatto nascere i Threepercenters.

Qualcosa mi diceva che era finalmente giunto il momento di tornare sul luogo del delitto e avevo subito condiviso con i fidati Threepercenters questo desiderio che da tempo mi turbava il cuore.

Per restare coerenti al loro stile, romantico e sensibile ad eventi e ricorrenze, il Depia mi comunica che non glie ne poteva fregare di meno e il Mario, dalla Thailandia, mi scrive che sarebbe pure venuto, ma sette fusi orari di distanza sono un po’ troppo anche per un Threepercenter.

Ok, dopo un’ultimo due da picche anche da parte di Luca Garella fortunatamente c’è Rudi già per strada e all’una abbondante di venerdi pomeriggio, Belstaff e casco jet nero, scatto da solo verso la Carinzia.

519 Km; “via Quadronno – Velden” in cinque giri di Rolex, come avrebbe detto lo Zampetti in una delle sue più riuscite interpretazioni:

alle sei e un quarto ero seduto davanti a una waisebier tanto gelata quanto meritata con la moto che ticchettava e prendeva fiato pure lei.

Faaker è sempre una figata, ragazzi.

Il raduno più americano e allo stesso tempo più nordico che si possa trovare scodellato praticamente subito dopo il confine con l’Italia.

Gli anni passano ma le buone tradizioni non cambiano: ingresso gratis, stands ufficiali dell’Harley con gli imbarazzanti modelli 2008, i migliori preparatori e custom wizard europei e non solo: da Orange County Choppers a Marcus Walz.

Il tutto in un’atmosfera di scazzo totale, merce a prezzi sempre buoni e migliaia di moto.

Rudy e gli altri mi aspettano nel nostro alberghetto-ostello in perfetto stile IKEA, da 30 euro a notte.

Slego la valigia dal manubrio e via al raduno mentre calano le prime ombre della sera.


Di notte è ancora più bello, con il fumo dei BBQ e degli inevitabili quanto fastidiosi burn-out.

Mi pare di essere tornato indietro ai tempi del Milano Chapter: leggo la provenienza sui gilè e gli italiani sono la maggioranza anche se non mancano i tedeschi, polacchi, russi e molti HOGGERS che nonostante sfoggino pezze di chapter americani come Tulsa, New York, Florida, in realtà parlano con un accento di Città di Castello che manco Monica Bellucci quando telefona a sua mamma.

Sono sicuramente degli impostori italiani che però perdoniamo visto che danno un tocco di internazionalità ad un raduno che come frequentatori, resta all’insegna del tricolore.

Il giorno dopo è quello della parata che, capirete, quando l’hai aperta e condotta in testa come prime tre moto come facemmo con Mario e Depia nel 2003 (naturalmente trovandoci lì per puro caso e, anche qui, inseguiti dalla Polizia), perde leggermente di interesse.

Dopo aver visitato a fondo mercatini e stands e aver comprato adesivi, T-shirts e un casco talmente piccolo che sembra la tazza dove fa colazione la mia piccola Fiammetta, decidiamo di farci un giro sulle montagne attorno al lago sotto la benedizione della storica scritta HARLEYWOOD a bianche lettere cubitali.

Insieme a noi c’è anche Elisa del Portofino Coast Chapter (la donna più fotografata del raduno, senza dubbio) che non ha niente da invidiare al più coriaceo dei biker con la sua esperienza di quattro Faaker e un numero imprecisato di altri raduni HOG.

Anche se oggi purtroppo non sfoggia i memorabili stivali bianchi ed il cappello da Cow Girl, riesce comunque a provocare almeno una decina di incidenti per “distrazione colposa” dei bikers che la incrociano.

Ma non sapevo che era giunto il momento di iniziare davvero a divertirsi:

dopo due chilometri la mia fida moto si spegne.

Naturalmente due minuti prima avevo prestato i miei attrezzi allo Spacca e non avevo neanche la possibilità di svitare la sella per vedere se si fosse fuso un cavo della batteria o altro.

Che sfiga.

Riflettiamo un attimo e realizziamo che la batteria improvvisamente scaricata non può che essere stata causata da un problema al regolatore o allo statore: in entrambe i casi (avendo lasciato a Milano il regolatore di scorta che il Magni mi aveva preparato come una mamma quando ti chiude il cestino della merenda) avevo comunque bisogno di un meccanico.

Rudi senza esitazione si offre di rimanere con me e sul suo Softail nero (dell’Umberto, ad essere onesti…) ci tuffiamo nella baraonda della parata alla ricerca di aiuto. In breve troviamo un a tenda Harley-Service con due ponti e tutti i pezzi che abbiamo bisogno per la riparazione.

Unico dettaglio: la nostra moto è dall’altra parte del lago e l’unica strada è attualmente percorsa da circa un miliardo di arlisti in parata.

Bisogna escogitare qualcosa e la mia mente Threepercenterizzata elabora una soluzione pericolosa, audace e con basissime probabilità di riuscita: un rimorchio moto con moto.

Nello scetticismo generale mi procuro una corda mentre vedo che gli occhi di Rudi diventano sempre più perplessi tendenti allo sgomento…

Mentre ritorniamo alla moto dotati di potente canapo da due centimetri di diametro e santino d’ordinanza a cui votarci, scorgiamo come una visione, un carro attrezzi, lì fermo che sembra aspettare solo noi: Rudi tira un sospiro di sollievo.

Scendo e zompo sul carro, facendo segno a Rudi come dire “vai fratello che adesso arriviamo”.

Mentre il meccanico mette in moto vedo che mi sta indicando un foglietto: – 220 Euro, my friend… -

In un istante è stato come se tutti i miei antenati genovesi risorgessero dalle tombe ed mi gettassero a viva forza fuori dal carro attrezzi urlando insulti in scozzese e genovese al maledetto strozzino travestito da autista.

Eroicamente corro verso la strada ma in quel momento Rudi è appena partito.

- Noooo Ruuuuuuudy !!!! – Lo inseguo urlando come un pazzo e correndo in piena parata, con i tedeschi che mi guardavano come Del Piero mentre urlava dopo aver segnato il gol.

Capisco che non posso farcela.

Blocco una Guzzi che passava di lì e mi ci arrampico sopra.

L’uomo fa duecento metri ed è arrivato.

Che sfiga, scendo e becco una street bob, cerco di spiegarmi a gesti perchè il tipo è lituano o robe simili, ma credo capisca.

In due minuti sono arrivato.

Rudi, che mi credeva in arrivo con un solido carro attrezzi, strabuzza gli occhi.

Smonto e gli faccio: – OK, Rudy, tira fuori ‘sta cazzo di corda -

Rudi non batte ciglio e il suo softail è pronto a trasformarsi in un RAM Charger, per tirare il Parodi fuori dai guai.

Il resto è storia:

ci facciamo a rimorchio tutta la parata con il pubblico che ci filma e valchirie bionde ci lanciano le trecce e petali di orchidea.

Tra gli applausi del pubblico arriviamo dal meccanico che ci sostituisce la batteria (la zoccola, nonostante fosse Genuine, era inspiegabilmente andata in corto) mentre noi nell’attesa assistiamo ad uno dei più clamorosi Bike-Washing dai tempi in cui Pamela Anderson si guadagnava i primi dollari nelle mutandine al raduno di Sturgis (servizio al link qui sotto)

Paghiamo un onesto 170 Euro per una nuova batteria originale-HD e mentre ingrano la prima, a cavallo della resuscitata FLHR sento prepotentemente che sono ancora vivo e pronto per una serata USA-Austrian Style.

Ed è stato gulash, birra e Rock’n'Roll fino alle due di notte nei molti stand-concerto tra un trasferimento e l’altro nelle curve delle stradine che attraversano i profondissimi boschi della Carinzia.

E’ tardi ed è tempo di rientrare verso l’alberghetto.

Ripenso alla bravura di Rudy che mi ha rimorchiato per dieci chilometri tra saliscendi e bikers ubriachi, e specialmente alla sua amicizia, nel non aver esitato un secondo quando mi ha detto che sarebbe stato con me e mi avrebbe aiutato.

Sorrido e sento che è un sorriso profondo, di quelli che partono dalla pancia.

Rallento un attimo e abbasso il faro.

Sopra di noi, tra i pini della foresta si è aperta una stellata incredibile che prelude ad una grande giornata.

#


Attenzione, al link qui di sotto tutte la foto del Bike washing.

Adult Control…

Bike washing



EPILOGO del Faaker.

E infatti una grande giornata fu.

Alla domenica siamo partiti abbastanza presto, per mangiare a Mestre in una locanda prenotata da Lino, Karbu ed altri vecchi amici del Milano Chapter.

Ma il destino mi stava preparando un’altra durissima prova da superare.

In ritardo mostruoso sulla tabella di marcia, decido distaccarmi per arrivare a Milano in tempo utile a non essere scuoiato vivo da Giovanna che eroicamente si è tenuta bambini, cani, nani e ballerine per un intero week end lasciandomi scorrazzare come un adolescente per le montagne austrungariche.

E queste sono cose che non si ottengono sottogamba ma a prezzo di negoziazioni in stile Camp David.

So che non devo perdere un solo secondo o la pagherò cara.

Dopo esserci salutati, all’altezza di Verona dove ero arrivato in circa venti minuti, grazie a due etti di Pakistano vendutomi dal casellante di Mirano (e che ho messo nel serbatoio dell’Harley, come additivo), stavo sparando il RK a 150 kmh quando ho iniziato a sentire un rumore più forte provenire dagli scarichi.

Guardo giù e vedo che il collettore del cilindro posteriore si è staccato dal collegamento con il collettore orizzontale trasformando di fatto il mio scarico in un drag pipe.

Me ne frego e continuo calando da 150 a 130 kmh e tenendo con il tacco del camperos destro il maledetto collettore in posizione quasi regolare.

Il piede mi va subito alla temperatura prossima al nocciolo terrestre e si trasforma di fatto in uno zampone di modena. Ma ho altro a cui pensare.

Faccio talmente casino che le macchine mi sentono arrivare da una distanza di 2 km mentre i motociclisti – terrorizzati – pensano che io sia la loro cattiva coscienza venuta dall’aldilà a castigarli per i loro peccati del week end ….

Rombando come la vaporiera in servizio tra Pechino e Ulan Bator, entro in Lombardia quando sento un rumore ancora più forte.

Cazzo, stavo perdendo anche il collettore anteriore perchè era volato via un dado del prigioniero per le eccessive vibrazioni.

Ho i dadi di riserva e tutte le chiavi necessarie ma mentalmente valuto che una fermata per la riparazione potrebbe costarmi mezz’ora, includendo il tempo per far raffreddare tutto.

Freddamente calcolo che quella mezzora di ritardo equivarrebbe a circa un mese di “bianco” con Giovanna e concludo che un collettore perso per la strada è comunque un buon deal….

Sparo a 130, 140 kmh fino a Milano, giro in corso di porta vittoria dove a metà strada vedo che ci sono i pompieri che bloccano tutto. Immagino che, ok, puzzo di bruciato ma non così tanto.

Infatti era una Opel che aveva preso fuoco e non per colpa mia. Mi fanno svoltare e dopo quattro minuti entro nel portone di casa mia con entrambi i collettori fuori posizione e i cilindri che fanno un rumore che assomiglia a quello di due tonnellate di bilie da flipper che cadono sulla piattaforma di ferro di un TIR.

Ho ancora un ultimo attimo di lucidità e spengo prima di entrare in cortile.

Apro la porta come avrebbe fatto Roger Moore nel film 007-La spia che mi Amava, e mi addentro a passo felpato.

Ma una voce mi raggela:

- Ecco, hai svegliato Fiammetta….. -


MOTOCIVISMO.it

Ragazzi, portiamo alla vostra attenzione un nuovo appello degli amici di MOTOCIVISMO.IT negli interessi dei motoiclisti.

Come l’altra volta lo scorso inverno, cerchiamo di esserci!

L’APPUNTAMENTO E’ PER IL 29 SETTEMBRE 2007 ALLE ORE 9.30 IN PIAZZA DUCA D’AOSTA A MILANO, DAVANTI AL GRATTACIELO PIRELLI Più saremo e più paura faremo, la paura di perdere voti, l’unica che smuova la politica.

La manifestazione è aperta a tutti! Partecipate numerosi con le vostre moto e auto!

COMITATO MOTOCIVISMO – www.motocivismo.it - info@motocivismo.it


7 settembre 2007

Due ruote di troppo

Non l’avrei mai detto, ma invece eccomi a bordo di una Formula Palmer da 300 km/h.

Per le iniezioni di adrenalina che ne sono scaturite, devo ringraziare Luca Garella, il nostro amico che come me lavora in una banca d’affari molto grandiosa per quanto riguarda l’organizzazione di eventi Corporate.

Un’intera giornata nelle mani di istruttori professionali che mi hanno rimescolato le budella su ogni genere di auto da corsa.

Una cosa veramente emozionante.

Peccato per quelle due ruote di troppo…



12 agosto 2007

Siamo solo noi



Siamo solo noi, nell’atmosfera rarefatta di agosto a Milano.

Un SMS: ci sei? si! Cazzo c’è anche Mario!

Accidenti ragazzi ci sono anch’io… e allora vai, ultima uscita prima delle vacanze d’agosto.

Appuntamento al casello di Lodi.

Mario puntualizza: Ok, ci vediamo, ma alle 11!


Arriviamo tutti e tre a tempo, forse una piccola magia anche questa: io da Lodi, il Depia da Inganni-sixtyfour e Mario da Holy Happy (San Felice).

Sento che c’è qualcosa nell’aria, mentre accendiamo i motori e andiamo verso la bassa.

E’ un po’ di tempo che non siamo noi tre da soli, sulle nostre moto e l’asfalto che ci scorre sotto. E’ davvero un po’ troppo tempo ma l’incantesimo funziona sempre e il divertimento della strada inizia subito, con le curve delle stradine comunali e qualche piccolo episodio come il rumeno che ci ferma in mezzo alla campagna e sembra davvero di essere vicino a Timisoara, in mezzo agli infiniti campi di granturco e qualche lontana cascina.

Il rumeno ci supplica di dargli qualche euro per la benzina mentre dalla sua scassata Opel occhieggiano numerosi bambinelli incuriositi. Glieli diamo ma lo scortiamo fino ad un distributore, con il Depia che scuote il casco e dice che ci siamo fatti fottere il grano da un maledetto zingaro.

Probabilmente ha ragione lui, ma ormai è fatta, e la nostra gita continua.

La strada tra Lodi, Cremona e il Po, sembra correre nel Sud Dakota e mi basta questo, mi bastano le vampate di calore e il sole a picco per farmi sorridere e beccarmi un’ulteriore dose di moscerini in bocca.

Sono felice e anche i miei amici lo sono: come se mi avessero letto nella mente, mi si affiancano e ci sorridiamo.

Decidiamo all’istante, come capita sempre, all’improvviso.

Vediamo un cartello e via sulla direzione Polesine Parmense, per finire a tavola per una stupenda mangiata al Cavallino Bianco da Spigaroli, sull’argine del Po.

Dopo pranzo, le moto sembrano essere anche loro a metà della digestione e così invece di rientrare percorriamo l’argine sul fiume e ci fermiamo sotto la veranda di una baracca a riposare.

I miei amici dormono e si sente solo il frinire delle cicale nel solleone del primo pomeriggio estivo.

Potrebbe essere tutto molto romantico, se da dentro la baracca non sentissi la voce di un vecchietto che con forte accento emiliano si lamenta per il tremendo odore di carogna (che forse esiste solo nella sua testa): – Sarà un gat mort! – Borbotta, e si rimette a dormire anche lui…

Osservo il fiume il cui livello è basso come in ogni agosto che si rispetti.

Un barchino con un pescatore di pesci siluro mi fa un cenno di saluto.

I miei amici dormono ancora, coricati nell’erba e sulle panchine della baracca.

Le moto sembrano vegliare su di noi…

…ma in fondo al cuore qualcosa mi dice che non potrebbe succedermi nulla di male….


Long Ride, ragazzi!!!


11 agosto 2007

Un paio di foto della festa di luglio

Noi quattro e Rudy, con la sua nuova maglietta Threepercenters…

Vai Rudy, long run!!!!


Qualcuno però adesso potrebbe dire, ma i Threepercenters allora adesso sono quattro, anzi forse cinque, insomma fanno proseliti, fanno recruitment, fanno-il-club, insomma che cazzo fanno?

Ok, sul fatto che ciò che facciamo possa non essere sempre perfettamente comprensibile possiamo essere d’accordo ed è per questo che spendo due parole su di noi.

  • Non facciamo recruitment, stiamo con i nostri amici
  • non facciamo i run, giriamo in moto
  • non siamo un MC ma, per dirla con i Sinners, “we’re just a bunch of friends wearing the same t-shirts”

Potrei dire che quando con qualcuno scocca una scintilla lo capiamo subito, noi e lui, ed è questo il bello di questo strano gruppo che sono i Threepercenters.

E allora eccoci qui, tre, quattro, cinque, forse sei o sette.

Ad alcuni abbiamo dato la nostra patch, altri portano il nostro adesivo sulla moto o sul casco, Rudi ora ha la nostra maglietta, addirittura c’è uno che ha la famosa quarta back-patch (che non ha mai indossato perchè le nostre vie si sono divise in Slovenia, il giorno dopo la consegna delle back-patches, a Zagabria).

Ma per un attimo anche lui è stato con noi, e noi ricordiamo quel momento come piccolo attimo di magia e di amicizia.

Fanculo il resto, mica siamo sposati.

Chiunque ha il diritto di rompersi i maroni, e allora? Noi continuiamo a correre ragazzi!

Threepercenters bikeriders: Rock ‘n Roll!!!





9 agosto 2007

Giugno 2007, St Marie, Andorra, Spagna: il viaggio zingaro dei 3%ers Mario e Depia

Scritto da Mario Giugovaz 3%er

Tutto inizia come in genere iniziano le cose più pazzesche, e forse le più divertenti: con una frase buttata lì, sul tavolo di un bar, in mezzo a due birre e una manciata di patatine molli.

-Oh, perché non ci facciamo un bel viaggio da zingari? Senza meta, né tappe, né orari… niente. Partiamo e basta. Una settimana-.

Guardo il Depia in silenzio mentre beve la sua birra. Faccio anch’io un lungo sorso.

-Per me va bene- gli rispondo. – Chi glielo dice al Parods?-.

Il Depia mi fa un sorrisetto sornione e dice – ci penso io, lo avverto io il Parods. Vedrai che è d’accordo: certo, è appena tornato dall’Africa e mi sa che la Giò non lo lascia mica venire. Però, secondo me, l’idea gli piace-

(Voce fuori campo: al Parods l’idea non è piaciuta, anzi non gli piace nemmeno adesso che è luglio e che i miei due compagni di avventure stanno cercando di organizzare un viaggetto per la seconda metà di agosto. Io, purtroppo, non potrò accompagnarli… devo andare in Tailandia per una di quelle cause internazionali con i nani da giardino, eh, eh, eh).

Comunque ormai è fatta: si farà un viaggio zingaro, di quelli che VERAMENTE non sai dove vai e quando torni. L’appuntamento è al casello della MI-GE verso le 10.30. Il periodo è il solito: tra fine aprile e i primi di maggio.

Il Parods, come avevamo ipotizzato, non ce la fa. Ha ancora la sabbia del deserto africano sui pantaloni ed il suo senso di responsabilità verso la famiglia gli impedisce di fare un’altra cazzata. Non subito, almeno.

Il giorno della partenza sia io che il Depia arriviamo in ritardo al ‘bottone’. Solo il Parods è arrivato puntuale. Passo il casello, dirigo verso la piazzola, lo vedo seduto sulla sua R.K. con un sorrisetto. Spengo la mia Clara e gli vado incontro in silenzio. Anche lui non dice niente.

Ci abbracciamo come due fratelli. E’ da qualche giorno che non ci sentiamo e non ci parliamo. Non è successo niente, semplicemente abbiamo tutti e due qualche ‘cazzo’ di traverso.

Ma incontrarci lì, in quel casello, per un viaggio che sappiamo bene – sia io che lui – che avrà solo due viaggiatori… E’ come se ci fossimo visti la sera prima a cena.

Ci sorridiamo e ci mandiamo un po’ affanculo, come due fratelli. Arriva il Depia. Capisco dal loro sguardo d’intesa che lui sapeva della ‘sorpresa’.

A quel punto il Parods tira fuori da uno zainetto (le borse, ormai, se le è vendute per un portachiavi a forma di teschio) una bottiglia di Brunello di Montalcino: – Questa ve la bevete alla mia salute quando arrivate dove state andando. A proposito, dov’é che state andando? -

Io e il Depia ci guardiamo. – Oh, dov’é che stiamo andando?-

-Boh, verso di là – e indica l’autostrada che porta in Liguria e in Francia e in Spagna…

-Io vi accompagno fino alla prima uscita. Non fate cazzate -

Il Parods mette in moto, sono le undici passate. Partiamo.

Alla prima uscita dell’autostrada un colpo di clacson ci ricorda che saremo soltanto in due a fare questo viaggio. Ricambiamo il clacson e ci mostriamo a vicenda le ‘tre dita’. TFFT.

Siamo in Liguria. E’ l’una. FAME!!

Ci affianchiamo e ci facciamo segni inequivocabili di ‘spaghetti’.

Pausetta pranzo alla 3%: una volta trovata la trattoria locale, due ore di gambe sotto il tavolo, 1 Kg di pasta con le sarde, due birre a testa. O era vino? Non ricordo.

Comunque, verso le tre emmezzo riprendiamo il cammino.

- Dove ci fermiamo per la notte? Andiamo fino a Aix-en-Provence? O andiamo a St. Tropez…-

- Guarda che se andiamo a St. Tropez va a finire che ci fermiamo lì per cinque giorni-. Ridiamo.

- Però, quasi quasi…- Decidiamo per Aix.

In fondo è un giro in moto, non una vacanza premio.

fine prima parte


23 luglio 2007

Bike&Blues

Sabato scorso incontro a Santa Margherita il mio amico Enrico, Editor del Portofino Chapter che mi informa che in serata si sarebbe tenuto il 2° Bike&Blues a Recco.

Visto che Rudy mi abbandona per infrattarsi ad una super-festa VIP in villone a Portofino (beato lui) e i miei amici 3perc non riescono a raggiungerci, il raduno recchese mi sembra un’ottima cosa per far passare la serata.

Inforco un innominabile scooter e mi godo la Ruta di Camogli fino a Recco, con il Tigullio illuminato sul mare.

Basterebbe già quello per rendere la serata piacevole, ma spendo anche due parole sul raduno.

Le caratteristiche sono quelle classiche, birra e concerto rock n’ roll, ingresso gratuito e piccola selezione di bancarelle più folk che biker. Siamo sulla bella passeggiata di Recco e c’è tanta gente incuriosita dall’evento, in mezzo alla quale si amalgamano alcuni Chapter di zona.

Ai raduni, secondo me si va per vedere le moto, mica per altro, e qui una cosa mi ha colpito: non siamo all’International Rally, ma ci sono moltissime moto personalizzate con gusto.

Tra le grandi famiglie dei touring e dei softail, si fa fatica a individuare una moto “stock”, anzi, credo che non ce ne fossero proprio.

Tra le personalizzazioni più in voga, gli ape-hanger (che come saprete significa “appenditore da scimmia”, un simpatico gergo che vuol ricordare un po’ l’aspetto del biker appeso al manubrio…) e gli annerimenti.

Poche sportster, molte moto trasformate, abbellite, rese uniche.

Personalmente non mi ritengo certo un grande customizzatore, ma so quanto costa mettere le mani su un’HD per dare quel tocco: tempo, soldi ed anche ricerca sui particolari, sulle tecniche, sui pezzi aftermarket, sulle verniciature.

Ricordo i primi raduni che frequentavo dieci anni fa: i primi Ride with Pride dei Lowlanders, i Mototagliatella, i Motorock a Cremona.

Le moto c’erano, ma non erano così sofisticate. Forse perchè non c’erano soldi, c’erano pochi customizzatori o forse più probabilmente perchè le Harley erano davvero ancora poche e bastava averne una per essere già unico e non c’era bisogno di differenziarsi ulteriormente.

Pochi “pazzi” osavano chopperizzare le harley, perchè sembrava un delitto manomettere un oggetto così bello già di per se.

Oggi i tempi sono cambiati: se giri per Milano vedi una HD ogni tre moto che passano. E l’arlista non ci sta: vuole essere diverso, vuole perseguire la propria individualità, anche perchè è bombardato da innumerevoli immagini di mezzi trasformati, customizzati, personalizzati.

Inoltre incominciano ad essere molte le officine specializzate in trasformazioni, i bravi aerografatori, l’accessibilità via web di innumerevoli cataloghi di aftermerket.

E non c’è nulla di male, anzi: i risultati visti al Bike&Blues erano belli e con un gusto squisitamente genovese direi, senza eccessi (un po’ come quando il giovane avvocato di Nervi decide di esagerare e, per andare al Carillon si mette i pantaloni rossi, ma rigorosamente con la camicia Ralph Lauren e le Sebago da vela….).

I tempi cambiano, la lira scorre sempre più intensamente ma la nostra passione verso queste motociclette resta immutata.

19 luglio 2007

Eppure ve l’avevamo detto: non usate le Jap, che si rompono….




18 luglio 2007

Walz and Lucky 13

We like it



4 luglio 2007

Outing del Rudy

Smaltiti i fumi dell’alcol del ‘Threepercenters National Gathering’ (cioè la mia festa di compleanno), il nostro Rudy si sveglia e si rende conto di indossare una maglietta dei Threepercenters.

Con un ultimo barlume di lucidità, accende il PC e ci scrive così…

Ancora una volta vorrei ringraziarvi per il gesto dell’altra sera che per molti altri al di fuori di quello che noi proviamo per la moto avrebbe rappresentato poco, avrebbero visto delle persone che regalavano una maglietta, ma per me rappresentava ben altro era il gesto di un gruppo di persone che avevano vissuto qualcosa di particolare ed unico, e decidevano di condividerlo con me scorgendo delle similitudini al loro modo di vivere.

Ricordo ancora i primi articoli letti su freeway di ‘Senza Parabrezza’, freeway lo compro ormai da più di 10 anni forse sono uno dei primi clienti, la cosa che ho subito pensato (oltre al talento del roby nello scrivere) è stata “Cazzo,io sono così” con le prese per il culo e tutto il resto, e giuro che l’iter per arrivare a quella che è oggi la mia vita “motociclistica?” MA SI CHIAMIAMOLA COSì è stato lungo.

Da sbarbatello al faaker tipo aperitivo al victory, al Magni che se gli passavo di fronte mi guardava come un pitbull incazzato, fino al capire perchè cazzo mi alzavo la domenica alle 6.45 per andarmi a ghiacciare le palle sul lago di Lecco a febbraio con gente che in confronto il reparto geriatrico del policlinico sembrano quindicenni, invece di stare a letto con la mia fidanzata.

Ma sono state tutte cose utili, ho trovato anche amici nel chapter com’è capitato a voi, ma molti sono partiti per lidi lontani o erano più motociclisti da deseo o living che altro, invece mi rimaneva il sassolino nella scarpa e mi dicevo ma questo parodi chi cazzo sarà e questi threepercenters chi cazzo saranno mai? e quando facevo domande mi sembrava di parlare dell’innominato del manzoni echecazzo alchè un giorno qualsiasi di un 2 anni fa ormai dissi al Magni ‘mi dai il numero del parodi?’,ma lui intelligentemente visti tutti gli ‘amici’ del roby pensando fossi un sicario insospettabile di qualcuno mandato a fargli la fiesta, gli chiese prima il permesso e tra una birra ed altro et voilà il tempo vola nel frattempo sono riuscito a conoscere un pò meglio tutti forse l’unico di meno il Depia ma che, nonostante di primo acchito sembri un pò burbero, è sempre stato molto carino con me, poi con il pizzetto sembra Colin Farrel in Miami Vice, beh oddio forse esagero :-) ; cmq ragazzi anche se alla rinfusa e un pò con le mie parole è un grazie sentito, e penso di dire che la moto per quanto rimanga un mezzo di locomozione per me è stato strumento per conoscere delle belle persone per portare la mia anima stanca via dai giorni di ordinaria follia che la vita ci regala con tanta generosità, ma più di tutto mi ricorda che sono vivo e nel salutarvi mi accomiato con questa frase del grandissimo Oscar Wilde (idee sessuali a parte) To live is the rarest thing in the world. Most people exist, that is all.

e per chi non sa LO INGLESE fluently “Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, ecco tutto.”


p.s. chiedo pietà per errori grammaticali ecc ma sono le 2.29 e il cervello è quello che è n’abbraccio see you on the road


p.p.s. NON SONO GAY



26 giugno 2007

Rivelazione

“ma accidenti, voi queste Harley le usate davvero come fossero moto normali, insomma….”

Detta da un nostro amico con una BMW R-1200-R, dopo una domenica passata con noi sui tornanti della Val Tidone


17 giugno 2007

Cento di questi ponti

Grande giro nella Lomellina, una terra bassa che più bassa non ce n’è.

Essendo un grande amante delle pianure e per di più essendo nato in Alessandria, città di fiume adagiata tra i suoi campi che sembra di essere nell’Ohio (vabbè..), non potevo che essere attratto da queste zone, che fin’ora avevo frequentato solo per le tradizionali cene invernali a Mortara, per mangiare l’oca.

Questa volta però è estate e insieme a Luca decidiamo di approfondire la zona usando come pretesto la visita al bellissimo ponte sul Po che si trova tra Sannazzaro dei Burgondi e Cornale (frazione di Casei Gerola).

Un’opera in stile Becca delle officine Savigliano, che sono certo potrà essere apprezzato dagli estimatori.

Giro piatto ma ricco di atmosfera, con strade libere e viali. Piuttosto facile sbagliare qualche bivio, ma la strada si recupera facilmente a quello dopo.

Abbiategrasso, Vigevano, Gambolò, Garlasco (le Rotonde!!!), Pieve del Cairo e a perdersi nella piana fino a Novi Ligure, dove imbocchiamo la statale dei Giovi e ci inerpichiamo fino quasi a Genova.

La nostra mèta è una piccolo paesino dell’appennino ligure dove la formidabile nonna di Luca, di 93-anni-93 (complimenti signora Catalina), ci rifocilla con una ricca trenetta al pesto.

Cosa possiamo volere di più?




9 giugno 2007

Il sindaco e i quattro motociclisti

Siamo in quattro questa mattina ad attaccare i primi contrafforti dell’appennino. Attraversiamo i paesini immersi nel profumo dei tigli e nel verde più luminoso.

Ci autolimitiamo faticosamente a 50kmh rispettando i segnali di centro abitato, quando due Jap ci superano sul dirittone del paese di Ponte Nizza, concludendo il sorpasso con un monoruota che definirei quantomeno offensivo.

Tutti e quattro pensiamo quello che pensate voi adesso e rosichiamo, consapevoli che i nostri ferri fuorilegge non possono permettersi davvero un blocco da parte della pula locale.

Il paese finisce, riapriamo leggermente e affrontiamo una serie di curvette leggere.

Ma all’uscita dell’ultima… OLE’, ci si para davanti lo smanettone di prima, coricato per terra immobile con la sua moto devastata a un bel dieci metri da lui….

Cazzo, ci ha lasciato la pelle, ripensiamo tutti e quattro all’istante.

Ci fermiamo e blocchiamo il traffico come possiamo anche perchè il Jappo è subito dietro la curva cieca…

Il guardrail è segnato per un bel dieci metri, e il casco integrale dello smanetto è ammaccato profondamente in più punti. La moto NON HA PIU’ le forcelle ed è ricoperta di benzina che cola abbondantemente in discesa.

Ci manca solo MadMax e il quadro di distruzione è completo.


L’originale giubbottino Vanson di Luca, bianco, rosso e DORATO, fa da semaforo e salva di fatto la vita allo smanettone per la seconda volta (la prima volta ci aveva pensato il Dio dei Jap) bloccando subito un gruppo di moto che venivano su a tutto gas.

Ma la cosa che ci fa incazzare è che i curiosi pensano che NOI siamo gli AMICI COGLIONI del coglione che è caduto!!!

In realtà l’amico del jappo si è dileguato, (lo rivedremo poco dopo ripassare) perchè aveva la targa coperta e piegata artigianalmente contro gli autovelox…

Insomma, due gentlemen della strada…

Mentre ci facciamo il culo per deviare il traffico e assistere il jappo (che si sta riprendendo), veniamo fatti bersaglio del biasimo e della disapprovazione dei passanti.

Nessuno ha pietà: da un gruppo di ciclisti esce un urlo “ve lo meritate, bastardi”, dalle station-waggon si legge il labiale delle mamme che sbirciano e ci mandano a quel paese, i vecchietti sulle panda 4×4 borbottano “sempre loro, sempre questi imbecilli…”, e i motociclisti… guardano e passano, toccandosi mentalmente i maroni.

Cazzo, possibile che nessuno capisca che noi quattro siamo agli antipodi di quello lì steso per terra?

Ma non finisce mica qui: dopo che l’ambulanza si porta via il jappo dolente, la sua motina devastata resta in mezzo alla carreggiata.

Che fare? i curiosi si VOLATILIZZANO all’istante e i quattro coglioni se ne stanno lì per mezzora a evitare che la gente si schianti sulla moto appostata dietro la curva, aspettando la stradale.

Passa il tempo e oltre ad esserci sugati mezzora di insulti, abbiamo sete e un caldo tremendo e corriamo il rischio che la pula arrivi e con logica irrazionale in perfetto stile poliziottesco, DECIDA DI CONTROLLARE le NOSTRE moto (!!!) desumendo subito che siamo noi i veri pericoli della strada…

Che fare?

Un ennesimo vecchietto si ferma e noi lo sfanculiamo subito (non ne possiamo più) ma ci sbagliamo, perchè il poverino ci voleva REGALARE il suo triangolo, cazzo.

Ci scusiamo e capiamo che stiamo perdendo lucidità.

Mentre il 113 sa solo dirci che tutte le auto sono ancora impegnate (che manco a Los Angeles…) in lontananza arriva un omino, A PIEDI.

Cazzo, ci mancava solo lo scemo del villaggio, e siamo a posto.

Ma non sapevamo che EGLI era mandato dalla Provvidenza.

L’omino si qualifica come nientemeno che IL SINDACO del paese!

“Ragazzi, grazie, non avevo vigili disponibili e ho sentito dell’incidente. Sono venuto subito”.

Ancora stupiti, trattiamo il sindaco come fosse un volgare GARGISTA e rivolgendoci a lui con frasi eccessivamente confidenziali (tipo “uei capo”) gli affidiamo le consegne del luogo del delitto, manco fossimo Miami-CSI quando arriva lo sceriffo scemo.

Luca lo saluta con una raccomandazione tra il serio e il faceto- “Allora, Sindaco, grazie, qui ci pensa lei…..????-.

E mentre i nostri quattro bicilindrici affrontano la prima curva, sbircio nello specchietto: ma il sindaco è già in posizione sull’imbocco della curva e stà già gesticolando verso le prime auto in arrivo.

Tutto era sotto controllo.

Avrei voluto vedere la Moratti…



4 giugno 2007

Chiar-i-menti

C’è una persona che diventa matta se qualcuno lo confonde con uno dei Threepercenters.

Si chiama Andrea Chiaravalli, Milano centro, uno di quei tipi silenziosi che pensi di conoscerli e che invece poi non avevi capito proprio un cazzo di lui.

Noi Threepercenters facciamo una precisazione:

Andrea Chiaravalli non è, non è mai stato e non sarà mai uno di noi.

Amen


31 Maggio 2007

Asfalto

Leggiamo sul forum di www.sahara.it (preziosa fonte di informazioni da cui attingiamo prima delle nostre uscite fuori-porta), che un tratto della pipeline, una famosa pista nel Sahara tunisino, è stato asfaltato.

Che ci frega, direte voi.

Beh a noi un po’ dispiace, perche a quei cento e più chilometri di piste piene di sabbia e di tole-ondulee che collegano l’oasi di Ksar-Ghilane con il resto del mondo, noi ragazzi ci eravamo davvero affezionati.

Fatica, sudore e rispetto per il deserto; insabbiamenti, paura e dubbi sulle nostre capacità e sulle nostre moto.

Interminabili discussioni sotto il sole dell’una, un lontano pomeriggio di aprile in un remoto posto di guardia, Bir Soltane, a metà strada tra l’oasi e la civiltà.

E poi una frase di Mario:

- OK ragazzi, andiamo a prendere a calci questa cazzo di Pipeline…-



30 Maggio 2007

Il numero di Giugno 2007 di Motociclismo (adesso in edicola) ha dedicato nove pagine alla nostra gitarella a Dakar.

Mi ha fatto piacere che i redattori abbiano voluto creare un Box specifico solo per la storia dei Threepercenters.

Adesso o investite 4.20 Euro e lo comprate, o fate un salto nella nostra Rassegna Stampa per un assaggio.



28 Maggio 2007

Il rumorino

Sapete quando nella moto c’è quel rumorino del cazzo e non riuscite a capire da dove viene fuori?

I rumorini del cazzo possono avere varie origini ed è cosa molto utile saper distinguere se questi appartengono alla categoria di quelli che preludono a qualcosa che ti può far rimanere a piedi, o no.

Di solito quelli inerenti la carrozzeria (solitamente anche più facili da individuare) appartengono alla seconda categoria mentre quelli di motore/cambio/frizione appartengono ovviamente alla categoria pericolosa.

Poi ci sono le categorie intermedie, la cui pericolosità è variabile, per esempio quelli collegati agli scarichi, agli attacchi di banco, alle sospensioni, ai cuscinetti, ai leveraggi del cambio, alle vibrazioni del pedale del freno, alle leve della frizione e del freno anteriore insieme a tutta la serie di rumorini da attrito e sfregamento.

La mia amata FLHR li ha avuti PRATICAMENTE TUTTI nel corso dei suoi quasi dieci anni di onorata carriera e uno ad uno, con l’aiuto di bravi meccanici, li abbiamo sempre tacitati.

Un meccanico che ti risolve un rumorino si pone subito nella categoria dei maghi: ricorderò sempre quando andai da Nicola (quello di “Moto e Moto”, Via Gallaratese, Milano tel. 02 33 000 970) con un cigolio veramente molesto al retrotreno del Road King quando montavo ancora le borse rigide. Nicola con una spruzzata di Svitol ha irrorato il supporto di gomma che regge i silenziatori (collegati sotto le borse) e il rumorino bastardo è scomparso immediatamente!!!

Certo sono grandi soddisfazioni, ma a volte i rumorini si attutiscono ma non scompaiono, i bastardi.

E io mi incazzo a morte.

La mia moto è vecchia ma non la lascio mai in pace e passo la giornata a monitorarla in continuazione: un rumorino fuori controllo non è accettabile.

Il mio vecchio meccanico delle Guzzi, quando avevo il V7-Special, mi diceva di accettare i rumorini:”mutur che ciocca, mutur che trotta” ma i rumori devono essere tutti ben chiari e la mappa dell’orchestra sotto controllo, altrimenti sono come un male alla pancia di cui non si sa la causa: bisogna farlo passare.

I più grandi “RIVELATORI” di rumorini sono le strade col pavè peggiore del mondo e cioè quello del centro di Milano: fatevi corso Magenta, corso Italia, corso di porta Romana e Corso Lodi con una moto che vi sembra silenziosa come un puma ed inizierà a suonare come la banda del paese.

La mia questa volta aveva un rumore che avevo individuato a Dakar, localizzato nella parte bassa anteriore del motore, ma non NEL motore, quindi ero relativamente tranquillo.

Immaginavo fossero i silent-block consumati, quelli che tengono il motore attaccato al telaio, e ho fatto sostituire dal Magni il principale (quello sotto il regolatore). Poi ho fatto sostituire anche i due unibol per l’ondeggiamento laterale (100 Euro per due cazzo di unibol…) ma il rumore era sempre lì a rompere le palle.

Niente da fare: era un problema tra me e lei, dovevo capire da dove veniva.

Il rumore era come una vibrazione che scaturiva solo su percorsi accidentati.

Ho passato il fine settimana viaggiando in seconda tutto piegato di lato sulla moto ad andare su e giù per corso di Porta Romana e poi ho avuto la folgorazione: i collettori bastardi!

E infatti quelli, espandendosi con il calore dei gas, CAMBIAVANO leggermente dimensione e posizione, andando a sfiorare a) la pedana, b) la leva del freno, c) la spina dello stantuffo del freno stesso, d) la staffa di supporto del silenziatore. Insomma facevano casino, e da fermo non me ne accorgevo

Ho tirato giù tutto e uno per uno (rimontando tutto ogni volta, purtroppo) ho eliminato i punti di contatto battendo il collettore con un martellone e spostando il posizionamento con rondelle e distanziali.

Domenica a mezzogiorno il rumorino bastardo era scomparso.

Volevo urlare di gioia – lo so alcuni diranno che sono un pazzo ma per i due o tre che mi capiscono, io posso dire che andavo su e giù su quel dannato pavè accidentato come il tole-ondulee e ridevo, strafelice, con le mani e la faccia sporche di morchia e di fuliggine dei collettori.

E adesso? al prossimo rumorino, ragazzi…..

A biker’s work is never done


25 Maggio 2007

Fare le cose per bene

Da oggi si cambia ragazzi.

Fuorilegge si ma fino ad un certo punto: iniziamo a registrare il nostro marchio, per esempio.

Dopo due ore di timbri e scartoffie all’ufficio brevetti di Milano, riusciamo finalmente ad ottenere il nostro numero di registrazione: il marchio Threepercenters – Milano è registrato con il numero MI 2007 C 005565 in data odierna 25/5/2007, e specifica che si tratta di un motoclub, per categoria 41, cioè quella riguardante “attività ricreative e di divertimento”.

Ogni utilizzo dello stesso è protetto ai sensi di legge.

Visto che non volevamo avere dubbi sulla possibile esistenza di qualche altro gruppo Threepercenters, ci siamo preoccupati di effettuare una ricerca di marchio sul data-base mondiale, da cui abbiamo appreso che non esiste nessun trademark, ne marchio, ne registrazione di sorta che abbia una pur vaga somiglianza con il nostro nome Threepercenters (e tutte le sue variazioni).

Ecco qui la stampata che lo certifica.

In effetti in Australia sembrerebbe esistere un marchio Threepercenters, valido solo laggiù, ma si tratta di una categoria 35, che indica che si tratta di una società di advertising e business services (pubblicità e servizi all’industria).

Il nostro marchio Threepercenters, da oggi è REGISTRATO e dotato di certificazione di originalità e della dovuta protezione legale.

E allora? direte voi.

E allora questa cosa ci stava lì da un po’ e l’abbiamo fatta, pensando magari al futuro del nostro marchio.

Abbiamo iniziato nel 2002 con una stretta di mano tra Roberto, Mario e Roberto e sono passati anni, chilometri e tantissima benzina nei nostri serbatoi.

Abbiamo iniziato come tre amici all’interno del Milano Chapter che si erano inventati un soprannome e un logo e da lì sono successe tante cose.

Questo logo, che era e rimane soprattutto il simbolo della nostra amicizia, l’abbiamo portato in giro per il mondo, l’abbiamo riprodotto in adesivi, in patch e ha originato questo sito, l’abbiamo attaccato su moto di amici e su banconi di officine, sui muri di dogane sperdute sui confini africani ma anche sulle porte di bar della costa azzurra pieni di passere. E’ finito su siti internet e su giornali e riviste (pure quelle della HOG!).

Ha fatto incazzare qualcuno e si è fatto apprezzare da altri: ha avuto una sua piccola storia della quale siamo stati, volenti o nolenti, i protagonisti.

Riconosciamo che in questi anni abbiamo fatto anche diverse cazzate (specialmente il Parodi) delle quali accettiamo le responsabilità e siamo aperti a discutere e magari a riconsiderarne alcune, ma abbiamo anche fatto tante cose che hanno rafforzato la nostra amicizia e hanno reso il nostro piccolo gruppo più forte e anche più ampio.

Una cosa però è rimasta inalterata: IL NOSTRO EGO SMISURATO, a causa del quale siamo sempre costretti a viaggiare da soli perchè al posto dell’angelo custode c’è sempre lui, “Mr. I”, che cerca di impossessarsi del manubrio e di pilotare lui la nostra moto e con essa anche le nostre scelte di vita.

E’ una dura battaglia ragazzi, credetemi!

Come è possibile allora, che un gruppo di persone così diverse tra loro, nonostante tutto, continui a viaggiare insieme e soprattutto a divertirsi e a volersi bene?

It’s magic, folks!!


T.F.F.T.


21 Maggio 2007

Salami

Ok, adesso non iniziate a dire che i Threepercenters sono dei gastro-motociclisti, anche se in effetti l’affermazione è molto vicino alla realtà.

Unire un sabato di sole con un giro in moto e una mangiata è cosa buona e giusta e se ci si pensa, tutti e tre i dettagli (sole, moto, mangiare) hanno ognuno un peso tale da trasformare un giro in una figata o in un’uscita deludente.

Questo sabato comunque, la direzione non era come al solito per niente prestabilita e naturalmente la casualità ha riservato belle sorprese.

Inizio tradizionale, sulla SS412 Val Tidone, poi deviazione per Lardirago. Stradine fino a Pavia, poi direzione Broni e via sul sempre emozionante Becca bridge (“ricostruito dopo i danni della seconda guerra mondiale” come recita l’iscrizione).

Giunti a Broni, dopo qualche chilometro verso Casteggio, il Parodi e il Luca Garella (dotato di mirabile Fat Boy super cromato ma rigorosamente coerente con lo stile 15 Anniversary), svoltano verso sud in direzione Varzi percorrendo mini stradine che spesso perdono, oltre che i segnali, anche l’asfalto.

Dopo un’oretta di piacevole dondolamento sulle curve, eccoci a Zavattarello che in breve ci porta a Varzi, patria del salame stagionato.

E qui scatta la dritta del Garella: a Varzi NON c’è più il vero salame (!!!??), l’unico posto è il salumificio Bertorelli, un po’ fuori paese, quasi sul Penice.

Ingaggiamo una gara di salita con una Honda e grattando le pedane manco fossimo al Tourist Trophy, arriviamo al salumificio.

Un salame, un fiocco (la parte vicino al culatello) e un panino che si rivelano di una bontà divina, ci fanno compagnia all’ombra di un ciliegio, mentre la signora Bertorelli in persona ci racconta delle vicissitudini del Consorzio del salame DOC.

Cosa volete di meglio? Probabilmente un’altra oretta di curve per tornarsene a Milano…




“14 Maggio 2007

Cascinando

Avete presente quei pomeriggi di domenica in cui c’è un sole incredibile, la vostra famiglia non vi si fila e la vostra moto è lì che vi aspetta, appena ritirata dal Magni?

Ecco, l’ideale in quei casi è sgattaiolare fuori di casa, spingere la stessa fuori dal cortile, accenderla e puntare verso la bassa padana.

Dopo un’oretta di curve su stradine che costeggiano canali e si inoltrano in boschetti ombrosi, potreste anche arrivare in una cascinotta dove i Threepercenters al completo sono già alla terza brocca di rosso.

Entrate nell’aia e vedete che sotto il fienile ci sono già cinque o sei Harley con i caschi attaccati al manubrio, impolverate e parcheggiate vicino a due trattori Massey-Ferguson.

Spegnete la vostra e lasciate la giacca e i guanti sul fanale, il sole è alto e si sente profumo di campagna e di risotto.

Sotto un tiglio secolare c’è una tavolata particolarmente rumorosa, con facce note già parecchio su di giri.

Sorridi mentre attraversi la corte e gli amici ti salutano da lontano.

C’è un bel casino, in realtà, perchè è una festa aperta a tutti e l’atmosfera ricorda quei raduni del mid-west americano, dove lo scopo è passare una domenica a bere birra e mangiare BBQ, parlando di moto e guardando le ragazze.

Il pomeriggio, organizzato magistralmente dal Depia, passa presto ed è rilassante come la brezza che ogni tanto riesce ad infilarsi tra il tiglio e l’olmo che ci fanno ombra.

In un attimo è già ora di andare.

Che bellezza, un’altra oretta di moto e c’è ancora il sole.

Speriamo di perderci…


11 Maggio 2007

Down with Threepercenters

Forza allora: bigliettino di pseudo sfida dal contenuto educatamente polemico trovato dal Parodi sulla motoretta parcheggiata (male) in zona Meravigli.

“Abbasso Threepercenters: metti sul vostro sito”

Calligrafia esitante e un “abbasso” d’altri tempi, scritto con la W rovesciata, come se fossimo l’Inter.

Nonostante manchi la firma, il messaggio ci intriga perchè svela una apparente mancanza di vera cattiveria e potrebbe addirittura preludere a una futura amicizia.

Eccoti prontamente pubblicato: se ci conosci, come sembra, sai che non ci tiriamo indietro.

Attendiamo tue prossime mosse e affiliamo … per ora solo le penne!

The Threepercenters


4 Maggio 2007

Speravo che fossero cervello

Ecco cosa ci hanno portato a casa i Threepercenters Mario e Depia dal loro ultimo viaggio in Spagna…



26 Aprile 2007

Sulla strada

I Threepercenters sono ripartiti, anche se a ranghi ridotti.

Mentre vi scrivo, attaccato alla tastiera come una fottutissima segretaria, il Depia e il Mario sono adesso sulla strada.

Tra tutti i viaggi che abbiamo fatto insieme, forse questo è il più zingaro e, di fatto, il più Threepercenter nello spirito.

Una telefonata qualche sera fa, per dirmi “… ci facciamo un giretto sui ponti di fine aprile? Che ne dici?”.

Dico che i miei equilibri familiari ultimamente pendono un po’ verso l’assenza e quindi passo.

E allora è soltanto un abbraccio e un incontro alla prima piazzola della Milano Genova, ieri mattina.

Partenza dieci e mezza.

Abbondanti…

Ci siamo tutti e tre e il cuore inizia subito a battere come tante altre volte, prima di uno dei nostri giri.

Mario sul Dyna (ex Coffetti), il Depia sulla sua Sportster che continua a non soddisfarlo fino in fondo.

Cintura Threepercenters, magliette e colori da viaggio: i miei amici sono pronti ad una settimana di vagabondaggio.

La meta? Indefinita, la direzione? un generico sud ovest.

Senza cartina, senza parabrezza e senza troppi pensieri.

E finalmente i motori si accendono e per quei primi chilometri siamo di nuovo insieme, e mi sembra davvero che stia per iniziare una nuova avventura.

Ma al primo casello mi stacco per lasciarli continuare in due.

Buona strada ragazzi.

T.F.F.T.



19 Aprile 2007

La moto

La moto è un modo personale di affrontare le cose, e non necessariamente il più comodo.

Se si sceglie la moto per le proprie esigenze, non si è necessariamente motociclisti: si sta utilizzando il mezzo di trasporto più idoneo.

Che è diverso.

Ecco perchè proliferano gli scooteristi, le copertine paragambe, i caschi integrali multifunzione, il BMW C1 col tettuccio o addirittura le moto a tre ruote.


Per me “andare in moto” equivale ad essere un motociclista, quindi è qualcosa di più.

Non uso la moto perchè c’è traffico o perchè c’è un bel sole né tanto meno “per fuggire dalla vita di tutti i giorni”: palle.

Io amo la mia vita di tutti i giorni, la mia famiglia e non voglio fuggire da un bel niente.

Solo che sono un motociclista, il che mi porta a scegliere la moto per definizione, anche quando essa non è il mezzo più indicato.


La moto per me è uno stato mentale: la consapevolezza del fatto che qualsiasi cosa stia facendo, resto un motociclista.

C’è sempre un angolo del mio cervello impercettibilmente sintonizzato su quel mezzo a due ruote. Penso alle modifiche da fare, ai prossimi viaggi, a volte ricordo le ultime sensazioni provate in sella: è una specie di denominatore comune sulle altre cose.

E aggiungo che non amo “le moto” in generale, sono invece piuttosto snob: amo la MIA moto, quella che ho scelto, e che mi identifica perfettamente, mi fa sentire completo, che mi è complementare. Mi somiglia.

E’ robusta ma non va fortissimo, è affidabile e generosa, ha una storia e grandi significati legati al passato. Ha un’estetica unica perchè l’ho trasformata piano piano.E’ la mia. E’ unica.


Questo potrebbe far pensare che, come conseguenza, io debba selezionare i viaggi e le gite, ma non è così: se ho voglia di andare da qualche parte ci vado e uso sempre la stessa moto. Magari la rinforzo, la modifico, la miglioro, ma è sempre lei.

Ecco perchè affronto sterrati e asfalti, neve e sabbia, ma anche il quotidiano dei bambini a scuola, il pavè di Corso Italia, le foglie morte sui tornanti del passo del Bocco (che sono più pericolose della sabbia della Mauritania).

Mi è naturale affrontare queste cose con la MIA moto.

Non mi piace l’idea di cambiare moto a seconda del viaggio, sarebbe come tradire un vecchio amico che fa sempre del suo meglio per starti vicino.


A volte mi fermo a pensare cosa ci sto a fare in moto con una Belstaff anni 70 e un vecchio casco jet sotto la pioggia o all’Elefantentreffen o a 40 gradi sotto il sole africano.

In quelle occasioni ho talvolta la vaga impressione di stare facendo una cazzata, ma nello stesso tempo mi sento più vivo, totalmente padrone delle mie decisioni e della mia libertà, in totale controllo delle mie scelte.

E sono felice perchè sento che sto vivendo esattamente quello che ho deciso di vivere e nel modo che volevo.

E’ una sensazione esclusiva e privata, la stessa che unisce i motociclisti mentre si incrociano e si salutano su qualche oscuro tornante, magari verso una meta che ha un senso solo perchè l’hai scelta come punto di arrivo.

E la consapevolezza che tutti e due, per quell≠attimo, stanno provando gli stessi sentimenti.

Poi ognuno sulla strada.

Forse per non incrociarsi mai più.

Roberto Parodi



29 Marzo 2007

We are back, folks.

Finalmente siamo a casa ragazzi, anche se le nostre moto stanno ancora galleggiando su un vecchio cargo portacontainer, credo nell’oceano Atlantico, a latitudini imprecisate.

Abbiamo lasciato sulla quella lunga strada pezzi di moto, bulloni e tracce di olio, ma da quelle parti è rimasto anche un po’ del nostro cuore e certamente anche della nostra mente.

Ma adesso basta parlare: a un click da qui le nostre impressioni, tantissime foto e un interminabile diario per nove giorni passati sulle nostre moto … rotolando verso Sud.

Milano – Dakar 2007






Milano – Dakar 2007


6 marzo 2007

LEO

Ciao Roberto,

sono Alessandro di Fondo (Trento), questa volta la mia mail non è per farti i soliti complimenti sul sito o su i tuoi racconti, che seguo sempre con attenzione, ma è per ricordare un uomo che al mondo delle Harley ha dato molto.

Domenica 4 Marzo è tragicamente mancato Leonardo De Ferrari, “Leo” per tutti gli appassionati di Harley-Davidson.

Con lui se ne và un grade preparatore, creativo e competente, personalmente ne ho un buon ricordo sia dal lato umano che commerciale: potevi avere lo Shovel più mal ridotto o l’Harley più preparata del mondo ma Leo trattava tutti i suoi clienti con la stessa gentilezza e competenza.

Il pensiero và anche a chi resta: la Madre, la sorella e la fidanzata storica, Petra, a loro il cordoglio e tutto l’affetto che in questi momenti bisogna dimostrare.


Alessandro


Anche se non conoscevamo Leo di persona, sappiamo che era uno di noi

Threepercenters


29 febbraio 2007

Manuale dei soci

Ricevo, con chiaro intento di burla, il “Manuale dei Soci HOG – edizione 2007″, un agile libello di 28 pagine dove, alla numero 7 è riproposta per l’ennesima volta la già nota immagine del Parodi e mogliera sulla loro brava motoretta americana a St Tropez, di cui qui sotto abbiamo già avuto occasione di ridere.

Il mittente è un amico, vecchissimo proprietario di Harley che, avendo recentemente acquistato alla Numero-Uno una bellissima Dyna-35esimo anniversario, è suo malgrado rientrato nel vortice HOG “genuine – trade mark”, avendo diritto ad un rapidissimo ingresso garantito come membro ufficiale nel “club di moto monomarca più numeroso del mondo” e del più antico Chapter d’Italia.

Dopo aver sfogliato l’opera, mi vien voglia di fare qualche considerazione:

cosa vuole essere, cosa vuole diventare questa HOG globale, questo tentacolare club familiar-internazional-motocilistico, presente ormai (qui da noi) in quasi tutti i capoluoghi di provincia dello stivale?

Vuole essere un supporto alla vendita di moto, ricambi, gadgets e giubbottini?

Vuole diffondere il verbo di Willie G. Davidson e convertire al bicilindrico USA gli infedeli e gli ignavi?

Vuole promuovere la filosofia della “domenica perfetta”, tra tanti-tanti-tanti-amici e nuovi-amici, pezze da vetrina, bottoni alle 8.00 precise e tavolone al ristorante per 95 persone?

Vuole riuscire battere il record per il mega radunone più numeroso dell’anno?

Vuole far sentire tutti dei veri motociclisti, perchè prima li ha fatti vestire da motociclisti e perchè gli insegna a stringersi la mano come i bikers?

Mah…

Mi verrebbe da dire, invece che forse, lassù a Milwaukee, a qualcuno gli è scappata un po’ la mano.

La HOG ha preso una deriva dove idee e passione finiscono sotto blister in un carrozzone globale stile Wal Mart. Una fine tipica di molte realtà “made in USA”, che restano invischiate nel business e perdono lo smalto che le caratterizzava. Uno per tutti, Sonny Barger.

Vogliamo riflettere per un attimo che regalare una pezza e vendere un look facilmente individuabile, non crea nessun tipo di fratellanza ma al contrario, finisce per annullare una delle più preziose caratteristiche della nostra moto che è l’originalità, la personalità, l’individualità.

E allora?

Valeva davvero la pena sacrificare al business un pezzo così importante del complesso mosaico della tradizione motociclistica, che è proprio il club?

Il pack di motociclisti in fila che si muove compatto, la condivisione di spirito, gusti, convinzioni; anche se mi riferisco solo al tempo libero e non certo della vita vera, ma è già qualcosa, e in questa gara a chi crea il Chapter più numeroso, questa cosa non c’è più.

Si è preferito andare verso i grandi numeri, i ritorni succosi, il tutto e subito.

Il risultato sono i mega-Chapter, con persone che non sanno manco chi sei ma che ti ritrovi al tuo fianco mentre guidi e che ti tocca aspettare quando si è in coda (in sessanta) per fare benzina all’unico distributore, o quando entri in un ristorante specializzato in banchetti (di solito le trattoriole pittoresche non hanno posto per 100 persone) e finisci in una tavolata-matrimoniale a ferro di cavallo, dove non te ne frega un cazzo di nessuno.

Oppure quando tu hai un problema al motore e hai subito la sensazione che il problema sei tu perchè a tutti gli altri la moto è partita (nessuna è più vecchia di un anno in media), e l’unico suggerimento che ti arriva è “ma… ce l’hai la HOG Assistance”?


28 febbraio 2007

Fog Hog

Una gran bella foto della moto del nostro amico Luca Garella: investment banker e motociclista italo/olandese…

Brume lombarde o fiamminghe?



16 febbraio 2007

Banda Bassotti

Scrivo da casa, mentre la mia moto è dal gommista.

Uscendo dall’ufficio questa mattina ho forato la mia nuova gommona posteriore da 150. E la relativa camera d’aria.

Forare non è mai un piacere, specie se non si ha il Fast dietro.

La cosa curiosa è che ero uscito proprio per andare a comprare un paio di pantaloni antiacqua molto piccolini, per riuscire a farli stare nel contenitore in pelle, lasciando spazio anche per la dannata bomboletta Fast, che avevo lasciato a casa.

Vabbè, uno dice, cose che capitano: chiamo l’89 24 24 e mi dicono che il gommista è a 514 metri da dove mi trovo.

Procedo con cautela accompagnando la moto in prima e arrivo dal gommista, uno serio che fa anche le moto.

Peccato che NON ha la mia camera d’aria.

Allora il gommaro telefona immediatamente e a colpo sicuro a uno dei tre concessionari ufficiali di Milano, il quale lo informa che la camera d’aria è disponibile e che costa una bazzecola: 40 Euro.

Il gommista, con la cornetta in mano mi guarda interrogativo e io, ripresomi dal colpo, gli do l’ok al salasso, pardon, all’acquisto.

La moto verrà pronta oggi pomeriggio e così me ne torno mestamente a casa a piedi, ma prima chiamo il Magni: Daniele quanto costa una stramaledetta camera d’aria per la mia gomma da 150? Hai due scelte, mi dice, una da 12 Euro più IVA l’altra, più bella (?) da 15 Euro più IVA.

Perchè allora dal Concessionario mi costa il TRIPLO?

Perchè chi si rivolge ai Concessionari deve sempre essere sistematicamente inculato?

Perchè, mi chiedo, uno dovrebbe affidarsi a loro con fiducia?

Forse, uno dice, perchè lì trovi una capacità “tecnica” superiore e fin qui può anche andarmi bene, però come faccio a fidarmi se poi vengo fregato (e del TRIPLO) già sulla materia prima, e per di più su pezzi commodity come una camera d’aria, che non è certo un ricambio “genuine” soggetto a Trade Mark, ma è invece una banale gommaccia?

E se poi anche fosse? Se per assurdo anche la merdosissima camera d’aria fosse “genuine” (cosa impossibile perchè prodotta da chi fa le gomme e non dall’HD), allora avrebbe senso che costasse PIU’ DEL TRIPLO di una normale?

No, ragazzi, la risposta è NO…

40 volte NO…

Ah, un’ultima cosa: ma ‘ste cavolo di camere d’aria, una volta non le riparavano? Una pezza e via, perbacco.

Poi ci lamentiamo se siamo sommersi di rifiuti tossici…


10 febbraio 2007

Moto nuova versione

A un click da qui, un po’ di foto del re-make della mia vecchia Road King.

Tutta diversa, più sottile, più cattiva, più ‘vecchia scuola’.

Dice, vabbè ma allora perchè non comprarsene una nuova?

Don’t ask silly questions…



5 febbraio 2007

Altre foto

Facendo pulizia nelle vecchie e polverose directory del 2003 ho scovato ancora un po’ di belle foto del nostro viaggio in Marocco (Marocco – 2003). Le ho messe sul sito, spazzolandole dalle tracce di sabbia che ancora portavano e ho scoperto che parte di quella sabbia rossa, stava ancora lì sul nostro cuore.

Allora un piccolo guizzo di adrenalina mi ha fatto immaginare di nuovo su quelle strade e magari, chi lo sa, verso mete ancora più lontane, con i miei amici, vecchi e nuovi, verso emozioni che ritrovo tutte guardando l’immagine di un tramonto rosso sulla pista Erfoud – Merzouga.

Sarà un effetto del freddo preso all’Elefante, ma ho una voglia matta di tropico.


29 gennaio 2007


Elefantentreffen 2007

Sai quando dici, “ok, questo è l’ultimo che faccio”?

Me ne sono smazzati cinque ed ogni volta doveva essere l’ultima, però una volta c’erano gli amici che volevano venire su, un’altra c’era il fatto che non puoi fermarti ai numeri pari, un’altra volta perchè era dall’estate che ci pensavi con Mario e col Coffetti.

Insomma, fatto sta che venerdi mattina alle otto, ci troviamo a Brembo Sud, per la solita tirata.

Squadra composta da Mario-3% e da Coffetti-3%, al loro terzo elefante e dal generosissimo Rudy. Chiude il gruppo Jak, con uno Sportster micro-serbatoio, e il sottoscritto, con il Road King re-make, che ancora profuma dell’antro del Magni….

Il resto della mega cazzata di questo elefante con ricco dossier fotografico proprio qui: Elefantentreffen 2007



24 gennaio 2007

Novità

… e importanti.

Finalmente ieri ho ritirato la mia moto dal Magni.

Grandi cambiamenti, sia strutturali che estetici, la contraddistinguono.

A guardarla è un’altra moto: più leggera, più pratica nella guida e con un’aria più old-skool: in poche parole, non è più un road king, ma il suo fantasma

La trasformazione è stata complessa e anche la scelta del colore del serbatoio è stata una piccola avventura.

La scelta è stata sofferta e meditata, come tutte le cose che rivestono una certa importanza. In pratica, dopo che per un mese ho strassato il carrozziere con provini e correzioni, ho avuto il serbatoio tra le mani, pronto e finito.

Ragazzi: era una chiavica.

Il colore era quello del latte e cacao, quando metti poco cacao.

Imbarazzante.

Allora al colme della depressione, decido di presentare il serbatoio sulla moto per vedere l’effetto complessivo, così lo carico in macchina e mi dirigo verso l’officina del Magni.

Cazzo, dopo duecento metri mi sono immaginato la faccia del Magni quando vedeva il serbatoio, e ho fatto una svolta a U e sono tornato dal carrozziere.

- Ivan, rifacciamolo – Ok Robi, posso fartelo adesso, però poi non mi rompi più per almeno sei mesi. – OK ma adesso di che colore lo facciamo? – Guarda, ho qui queste sette /otto lattine: se te ne va bene uno….

In due secondi scelgo un colore COMPLETAMENTE diverso da quello che avevo partorito dopo mesi di elucubrazioni.

Ivan mi guarda con uno sguardo indecifrabile e mi dice di passare stasera.

Beh, ragazzi, penso che il colore sia la cosa migliore della mia nuova versione della moto: un successone.

Altri dettagli non secondari sono un bel due in uno, annerito, il fatto che le borse non ci sono più, un parafanghino anteriore modificato a mano, un fanale posteriore di derivazione automobilistica… insomma un bel po’ di cosette.

Ci mancano ancora le scritte sul serbatoio: anni 70, trovate su e-bay per 20 dollari (old stock, vengono dal Michigan) che conto di sistemare stasera.

Insomma ragazzi è finita e mi piace una cifra.

Domani magari piazzo anche un po’ di foto.

Anche perchè ci attende un rodaggio particolare a cui sottoporre questo gioiellone: il nostro quinto Elefantentreffen, venerdì mattina.

Ci vediamo là?


18 gennaio 2007

Il Grande Carro nel cielo

Non siete obbligati, ragazzi, ma se avete voglia di leggere questo racconto che ho scritto qualche notte fa, sotto l’effetto di una delle più struggenti canzoni rock mai scritte, fatelo con la musica sotto.

E’ un racconto breve, che dura come la canzone: quanto basta per lasciare in bocca il sapore di vecchie moto, di amicizie infinite e della magia che, a volte, un attimo e una canzone ci possono regalare.

Pink Floyd, The Great Gig in the Sky

Il Grande Carro


9 gennaio 2007

OK, ragazzi, siete perdonati

Beh, la cosa incredibile è che un amico ad un certo punto mi scrive per dirmi che la mia foto è su un calendario.

Tutto potevo pensare tranne che di finire su quello della HOG – 2007, distribuito in tutto il mondo come allegato a HOG Tales / Enthusiast.

Foto beccata sul porto di St Tropez nel 2005, con Giovanna (per fortuna!!) sul sellino.

Ok che faccio la mia figura, però qualcuno dovrebbe dirglielo ai ragazzi di Milwaukee, che non sono esattamente il simbolo della HOG-Italia.

Comunque, ragazzi, ho capito: è un modo carino per dirmi che, insomma, vi spiace avermi buttato fuori dal “Chapterone-più-antico-d’italia”. Vabbè ok, apprezzo il gesto, avete capito che avete sbagliato, vi perdono, però no, indietro non posso tornare.

Specie adesso che alla Numero Uno le moto le vendono con il sistema “pezza in mano”.



21 dicembre 2007
A me piacciono le vecchie
Del nostro amico Cesare
A me piacciono le moto vecchie.
Non parlo di moto d’epoca, ovviamente, ma di quei bellissimi mezzi assolutamente contemporanei, o quasi, che hanno almeno una decina d’anni sul groppone e palate di chilometri. Acquistare una moto e restarle fedele per tanto tempo non è una rinuncia ma una scelta precisa: invecchiare insieme e condividere con essa i ricordi dei grandi viaggi, gli eventi importanti della vita, i momenti di crisi e il ritrovato amore.

Talvolta mi incanto a guardare la mia vecchia Honda, tenuta come una figlia, lavata e lucidata, e mi sembra sempre nuova come quando l’ho vista la prima volta nella vetrina di piazza Firenze. Poi la guardo meglio e mi accorgo che questi tredici anni sono passati anche su di lei. La vernice rossa sulle poche parti in plastica si è opacizzata, sul serbatoio c’è un piccolo bozzo che nessuno vede tranne me. La retroilluminazione degli strumenti è molto più fioca. Il disco anteriore è solcato da profonde striature e la sella andrebbe rivestita. La gomma sulle pedane si è consumata dopo anni patiti sotto gli stivali e le cromature sono meno brillanti. I collettori di scarico irrimediabilmente bruniti e i segni delle sassate autostradali sulla coppa dell’olio mi ricordano uno per uno tutti i centomila chilometri macinati insieme.

Anche la meccanica ha lavorato duro. Il motore èun po’ più rumoroso, forse è ora di mettere mano alla distribuzione, ma i motori vecchi sono come le scarpe vecchie: per fare tanta strada vanno meglio delle nuove. Affidabile, robusto, perfettamente formato , rotondo e dolce nell’erogazione, è il classico compagno fedele di lunghe cavalcate. Un vecchio amico di cui si conosce ogni rumorino o vibrazione che sia. Quando viaggio è lui che mi dice se posso osare un po’ di più oppure no, è strano a dirsi ma il motore parla. Le sospensioni sono flaccide, ne hanno passate davvero troppe, tra mulattiere greche, stradine dell’interno siculo, passi dolomitici e, soprattutto, il famigerato pavè meneghino. Ma io le tengo ancora e vado un po’ più adagio, tutto qui.

La patina del tempo avvolge la mia moto. Continuo a guardarla e mi accorgo che non è vero, non è sempre come allora, è cambiata. Ora è molto più bella.

18 dicembre 2007
Querelle BMW-HD
Dopo aver letto il caustico profilo del mega-casco del BMWista, ci risponde Pietro, il nostro amico motociclista-magistrato che ha condiviso con noi il giro in Albania e Bosnia nel 2005.
Il fatto che ci abbia sopportato (e ospitato) per diversi giorni, lo pone in uno stato di grazia e di stima imperitura.
Vai Pietro, spara a zero!!!

Ok amico mio, lo hai voluto tu!
Mi confronto malvolentieri perche’ non sono un attaccabrighe, ma la provocazione dello sprezzante articolo sul casco apribile e il tuo esplicito invito mi obbligano a rispondere francamente.

La polemica e’ ovviamente sterile anche in questo caso, ma spesso le generalizzazioni hanno un fondo di verita’, si riferiscano alle BMW o alle HD. Peraltro non mi considero un BMWista, qualsiasi cosa cio’ voglia dire. Uso BMW perche’ sono comode, affidabili e adatte al tipo di uso che ne faccio io, potrei benissimo passare al KTM qualora adottassero il cardano. Naturalmente sono affezionato alla mia moto (e alla mia Vespa), ma questa e’ un’altra cosa.

Detto questo, e venendo al punto, a parte il fastidiosissimo rumore, cio’ che veramente non sopporto negli Harlisti e’ la contraddizione patente tra la loro pretesa filosofia ed il loro comportamento.

Ispirati al piu’ sano individualismo e anticonformismo, finiscono per essere piu’ intruppati e regolati di qualsiasi altra categoria che conosca: stessa divisa, stesse moto, stesse trite idée e luoghi comuni, giri dell’Appennino in schiere deprimenti, dove tutti si autoincensano come cavalieri della liberta’, ma agiscono come teenager che hanno bisogno del gruppo per sentirsi esistenti.

Incapaci di agire da veri libertari – indipendenti, autonomi e indifferenti alle opinioni altrui, gli Harlisti chiedono riconoscimento pubblico della loro pretesa diversita’, tanto sbandierata quanto inconsistente, e si incontrano tra loro per dirsi l’un l’altro quanto sono fighi.

Il club, la divisa, i raduni, i luoghi comuni, la simiglianza delle moto (tanto maggiore quanto piu’ i dettagli le differenziano, poiche’ tutte si ispirano allo stesso kitsch imperante) e dei background (in genere necessita’ di evadere da situazioni variamente insoddisfacenti), tutto cio’ contraddice vigorosamente la stessa filosofia di fondo dell’Harlista, di liberta’, distacco e anticonformismo.

Niente di personale naturalmente, ragazzi, e buone vacanze!

Pietro

14 dicembre 2007
Quest’anno niente regali
Del Depia, 3%er

Quando entri nella vita di qualcuno come è accaduto a noi, è come se la tua famiglia naturale di fatto si allargasse.
Durante queste giornate di acquisti e corse frenetiche mi sono ritrovato a sentire Roberto come sento i miei fratelli, per decidere il regalo da fare ai nipoti.
“Ehi, ciao Parodi, senti cosa regalo ai bambini quest’anno”.
“Boh, non so Depia, lascia stare i due grandi che sono degli sfondati questa volta pensa solo alla gnoma”.
“Ma no perché, ma come perché.. Va beh quest’anno non discuto davanti al capo famiglia”.
Questo sarà il quinto natale che trascorreremo insieme e come da tradizione giovedì prossimo ci sarà il pre-cenone dal Parodi.

Come da tradizione Roberto si sarà dedicato a ricercare un regalo particolare legato al mondo delle moto, l’anno scorso libro foto su Bikers Americani introvabile.

Come da tradizione il Giugovaz porterà un regalino per entrambi (forse)… un regalino non scelto da lui, ma bensì qualcosa acquistato da Diana dietro commissione perché in questi giorni lui è incasinattisssssimo ma fa brutto arrivare a mani vuote.

Come da tradizione, dopo tre bottiglie di vino e qualche bicchiere di vodka russa al peperoncino, il Giugovaz si pentirà del gesto e quindi inizierà a dirci che “adesso nei prossimi giorni ci vediamo che devo darvi un grande bottiglia di vino che ho trovato in cantina, perché poi così la sera di natale tornando a casa date una carezza ai vostri bambini e ditegli che questa è la carezza del Giugovaz… Vi voglio bene”.
Un chiaro segno di pentimento, però la bottiglia di vino poi non la porta mai.

Come da tradizione io regalerò un qualcosa al Giugo, un cazzo al Parodi e mi dedicherò ai suoi nani che saranno molto contenti del regalo per almeno venti minuti.

Come da tradizione questa sarà la serata in cui si apre la nuova stagione (come alla Scala) e si inizierà a pianificare il prossimo viaggio.

Come da tradizione il Parodi inizierà a parlare di viaggi solo dopo averci fatto bere almeno due bottiglie di vino e come un agente della CIA intercetterà ogni nostra risposta facendola ben presto diventare una prova a carico in caso di ripensamenti futuri.
Come da tradizione, dopo due o tre bottiglie di vino sia io che il Giugovaz saremmo molto più predisposti a parlare di viaggio e quindi gasati dal momento decideremo di andare in Algeria ad aprile per poi pentircene immediatamente il mattino successivo, neanche ci fossimo giocati e persi la casa al casinò.

Come da tradizione ci racconteremo le solite storie, e sarà così generata la versione 3692 della stessa storia e le nostre donne ci guarderanno come solo loro sanno fare. MIIIII CHE PALLE.

Come da tradizione durante la serata per almeno una ventina di volte la nostra perenne rivalità (giochiamo spesso a chi ha il cazzo più lungo) ci porterà a sostenere di aver fatto tutti e tre lo stesso gesto e/o di essere i veri ideatori di qualche idea e/o i proprietari di qualcosa cosa che realtà appartiene a tutti tre.

Come da tradizione quanto al punto sopra, nel caso in cui sia presente anche del pubblico pagante ovvero amici di passaggio e/o un nuovo amico e/o un vecchio amico che non vediamo da tempo questa rivalità potrebbe trasformare serata in un momento imbarazzante.

Come da tradizione alla fine ci saluteremo con grandi abbracci, dolce affetto e qualche bruciore di culo in parte dovuto alla vodka al peperoncino e in parte perché in fondo ci stiamo un po’ sul cazzo.

E’ natale e come da tradizione siamo tutti più buoni anche se quest’anno niente regali, gnomi!!!

Il Depia

13 dicembre 2007
La prova del bue
Puntuale come la rata di conguaglio dell’ICI, il giovedi prima di natale, scatta la tremenda fiera del bue grasso, nel cuneese, e più precisamente a Carrù.
In questa fiera si raggiunge l’acme della veracità campagnola. C’è tutto: le bestie immense e indifferenti, la langa bumosa e semiaddormentata d’inverno, il bollito e il vino rosso.
E il freddo.
Chi c’è già venuto asserisce che tanto freddo così non se l’è mai preso, e posso garantirvi che ha ragione, ragazzi.
La distanza da Milano è ragguardevole e si finisce sempre per cannare abbigliamento, considerandola una mezza gitarella.
Nulla di più sbagliato: bisogna trattare il bue di Carrù come l’elefantentreffen, o per lo meno come il suo fratellino più bastardo.
Anche quest’anno non ho potuto mancare.
Ero solo ma l’uscita offre attrattive zen anche ai lone-bikers, specie se hanno un gruppo di vinificatori (Gianni Coppo e fratelli) e buongustai (Gibi Ferrero) che hanno già prenotato un’osteria tipca per una maratona di bolliti e bagnetti.
Si perchè, dopo aver fatto un salto dal Cipo di Cycledelic a Bra (altra immancabile sosta, parte integrante della gita), dopo la sfilata del bue grasso inizia il bello.
Una total-immersion nel bollito misto alla piemontese, che prevede sette tagli di carne con sette diverse salse.
E se mangiato là, è veramente il massimo.
Testina, lingua, punta di petto, coda, caramella, cotechino e gallina.
Barbera Pomorosso Coppo del 99, e poi qualcuno ha tirato fuori una chitarra e avanti così, fino a sera.
La gita del bue fa ritornare l’uomo alla sua essenzialità più primitiva.
Tanto per iniziare, si fa una bigiata pazzesca dall’ufficio, poi ci si immerge in un’atmosfera maschile e godereccia, dimenticando trigliceridi ed etilometri, cantando e dicendo stronzate per tutto il giorno.
La moto è il catalizzatore di tutto ciò. Per lo meno per me.
Al ritorno la temperatura era leggermente al di sopra dello zero.
Io ero chiuso nel mio caschetto, con la vecchia bolla che mi proteggeva nel buio, ed un wind-stopper per la gola e la bocca.
Mi sentivo dentro una specie di casetta.
La belstaff invernale faceva del suo meglio mentre i Fray tenevano le dita attaccate ai piedi semicongelati.
Sull’asfalto, la luce dell’anabbagliante, il contachilometri illuminato, e la stupenda linea del testone del fanale del Road King.
Sfreccio vicino a camion e macchine da cui escono lucine dagli abitacoli, che immagino tiepidi. Ma in fondo anch’io sono qui tranquillo. Sto guidando la mia vecchia moto che tira oltre i 130 senza battere ciglio. Mi sembra quasi di non avvertire l’aria mentre guardo davanti, nella notte.
Una sosta a un benzinaio, qualche parola – trovata la benzina?- Cazzo, non è facile a causa del blocco dei camionisti bastardi , – ma qui ne ho ancora un po’ – Per lo meno per dare da bere a questa bestiona che mi deve portare a Milano.
Chilometro dopo chilometro, mi avvicino a casa.
E’ freddo davvero adesso, e le calorie dei bolliti e della barbera faticano a contrastare l’inverno lombardo.
Adotto l’atarassia del lungo raggio, riducendo al minimo le reazioni e cercando di anestetizzare il dolore del freddo con il distacco del cervello. A volte funziona.
Quando in lontananza vedo un grande bagliore che immagino tiepido e chiaro.
E’ una città che mi aspetta. La mia.
E tra poco ci sono.
Resistiamo ancora dieci minuti

3 dicembre 2007
HOG Inverno
Ultimamente mi è capitato di parlare dell’ultima edizione dell’HOG Inverno, croce e delizia di Hoggers di primo e secondo pelo.
Questa volta tutti chiacchieravano a ruota libera: dopo le ultime vicissitudini del Milano Chapter, mi pare ci sia più voglia di dire come vanno le cose, senza condirle sempre con quel velo di mito che un tempo copriva un po’ tutto.
Alcuni hanno scelto un giro alternativo per il loro venerdi sera e non hanno problemi a raccontare il perchè.
Altri hanno creato un sito e un logo per contraddistinguersi e far conoscere in giro la propria amicizia.
Mi pare che molti si siano rotti delle vecchie abitudini del Chapter, stabilite da chi ormai non c’è neppure più ma invariabili come le tasse.
Forse quello che sto dicendo pare incomprensibile a chi è appena arrivato: agli enthusiast con lo sportster, la fidanzatina e il gilè nuovo pieno di pezze comprate in concessionaria, oppure con l’Electrona super accessoriata, arrivata subito dopo il Burgman.
A quelli appena arrivati, in verità il Chapter sembra esattamente ciò che deve sembrare: un luogo di incontro tra proprietari di Harley-Davidson (alcuni un po sboroni), un’opportunità per conoscere gente e per fare un po’ di chilometri insieme.
Sono quelli che ci stanno da quelche anno che incominciano a rompersi le palle.
Probabilmente come è capitato a noi e a tanti altri che se ne sono andati in modo meno eclatante dei Threepercenters.
Credo che sia naturale.
Non si può essere amici di centocinquantapersone, ed è normale ritrovarsi in cinque/dieci, non di più, divertendosi così.
Ad alcuni va bene un giretto ogni due mesi, altri non possono fare a meno di uno alla settimana, ma in fondo, poi, si cambia.
Dopo qualche anno, magari proprio quello che ci aveva attirato del Chapter oggi ci risulta insostenibile; le persone più espansive ci stanno sulle palle e magari abbiamo scoperto che i più silenziosi e riservati sono diventati nostri amici.
Oggi l’argomento del giorno è che Director e Signora dovrebbero togliersi dalle palle?
Non è una cosa che ci riguarda, anche perchè siamo tra i pochi che tutti sanno esattamente come la pensano.
Piuttosto, dico questo: sono convinto che le iniziative impostate come il Chapter, non possono avere la forza di resistere per tanto tempo nel cuore e nella passione di ognuno con lo stesso entusiasmo.
Se per due persone quel carrozzone è diventato motivo di vita e di realizzazione personale, per cento altre magari è cambiato e ha perso l’attrattiva che aveva all’inizio.
E magari non necessariamente per le colpe di quei due.
Più semplicemente perchè è naturale che sia così.
E’ naturale per esempio, che ci si stacchi poco a poco, che un gruppo di amici si voglia chiamare “Brothers” (www.others.it) e che non abbia più interesse a condividere tutto e sempre con tutti, e per giunta con modalità decise da altri.
E ci mancherebbe, ragazzi: se dopo sei o sette anni di strada non aveste creato un saldo gruppo di amici, a cosa sarebbero serviti tutti quei chilometri?
E’ normale stufarsi di associazioni dove si entra comprando una moto e si esce vendendola, persi tra duecento soci che bisogna scriversi il nome sul giubbino per farsi riconoscere.

road.mia.notte:
Parlavo dell’HOG Inverno con una persona e mi veniva in mente uno dei primi che ho fatto.
Cazzo, come mi sentivo fico.
Lo raccontavo a tutti: – uè ragazzi, ho fatto un giro con l’Harley, di notte, d’inverno, una ficata. E per di più non sapevo dove andavamo. Se mi perdevo…. brrrr!! –
Raccontavo a tutti ‘sta cosa, e incassavo occhiate di ammirazione o di biasimo.
Ma non mi interessava, avevo fatto l’HOG Inverno ed ero tornato incolume a raccontarlo.
Però ogni volta che lo raccontavo, mi veniva sempre in mente un piccolo episodio.
Il Chapter era fermo per l’ennesima volta ad un bivio, credo proprio tra Aulla e qualche altro accidenti di posto della Lunigiana. Era in piena notte e faceva un freddo incredibile. Il gruppo dei milanesi, manco a dirlo, era composto dal 90% di Electra super accessoriate ma nonostante tutto, per non inumidirsi dalla rugiada della notte, quelle quaranta tonnellate di cromo si erano fermate per mettersi su i parapiedini o i copriguantini o i copri-cazzo, oppure per la sigarettina.
Lampeggianti accesi, fanaloni accesi, radio e cassette.
Ci mancava solo il fettucciato Crime-Scene per essere sul set di CSI-Miami.
Mentre la vestizione era al termine, da lontano sono comparse le luci di due moto.
Ma non venivano dalla nostra stradona, bensì da una piccola stradetta semiasfaltata.
Erano un vecchio heritage e un dyna di un colore indefinibile.
Sopra c’erano due tipi con il casco aperto, giubbotto di pelle e uno pseudo-bagaglio legato alla meglio sul manubrio, bagnati fradici e con i camperos infangati.
– Ciao ragazzi, avete visto qualche distributore in zona? Siamo in riserva da una vita…
Ovviamente non lo sapevamo, ma i due se ne sono fregati.
Ci hanno fatto un cenno col mento, ingranata la prima e via, sono scomparsi sulla stradina verso chissà dove.
Cazzo: quelli erano quelli veri, e non certo noi, con i nostri stramaledetti parabrezza.
Da quel momento ho capito: le cose come il Chapter e l’HOG Inverno hanno sempre due realtà, quella che racconti e quella che è stata veramente, in fondo al tuo cuore.

Il Casco del BMWista
Se c’è una cosa che mi fa incazzare è il casco del BMWista.
Mi riferisco a quel cascone immenso che si apre davanti come il cimiero di Sir Lancillotto del cazzo.
Ragazzi, non potete immaginare quanto mi faccia incazzare quel casco.

  • Costoso fuori ogni logica e tipico di chi “paga e pretende”.
  • Visto praticamente solo sulle capocce di odontoiatri e commercialisti che vogliono avere l’aspetto da motociclista, ma solo nelle feste comandate
  • esageratamente grande, fa immediatamente una faccina di cazzo piccolissima a chi lo indossa.
  • Già settato per contenere ogni cagata elettronica tipo bluetooth, interfoni , musichette, telefonini vari che rabbrividisco al solo pensiero
  • La celata da cavaliere medievale, quando è aperta sembri un palazzo di due piani
  • Indicativo di una riprovevole volontà di comodità e non di spirito
  • Malgrado tutte le innumerevoli qualità di tenuta, termiche , urto, dinamiche etc, è sempre e solo usato in città per raggiungere lo studio Notarile o dei Dentisti-Associati in via Fatebenefratelli,
  • Concettualmente avanzato e moderno, è opposto all’idea viscerale della moto, che invece è tradizione e leggenda
  • Progettato di fatto, per trattare la moto come un volgare surrogato dell’automobile
  • Totalmente opposto all’harley come stile e alla sua idea stessa
  • Decisamente brutto.
    Ma non basta, perchè d’estate il BMWista urbano dismette il faccione-di-casco e passa al caschetto BMW, quello con le reticelle in testa, per far star fresca la capocciona santa.
    Di male in peggio:
  • Le reticelle sembrano gli occhi di un enorme MOSCONE che ti sta per mangiare la testa
  • Il casco si espande orizzontalmente (a differenza di quello da Lancillotto che si espande verticalmente) e conferisce subito al Commercialista l’aspetto da fungo porcino
  • E’ dotato anche di una ridicola visierina, tipo berrettino di Capitan-Miki, probabilmente inserita “per dare un aspetto giovane” o perchè “piace ai giovani”.
  • Con inserti in pelle morbidissima per accarezzare la pelle del nostro Odontoiatra, sulle cui guance c’è già una buona dose di Denim: il profumo per l’Uomo Che Non Deve Chiedere Mai

    26 novembre 2007
    Magnum
    Un po’ di scatti dall’inesauribile database dell’agenzia Magnum. Quella per la quale lavoravano Robert Capa e Danny Lyon
    Emozioni allo stato puro.

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